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Fallimento, che parola orribile.
Ci viene tristezza solo a leggerla.
Eppure, se ci pensi, il fallimento è il motore stesso dell’evoluzione, del miglioramento, della crescita.
Se non sbagliassimo, se non commettessimo errori, se non fallissimo non potremmo imparare e, di conseguenza, non potremmo migliorare.
Ecco perché io preferisco chiamarlo insuccesso e cioè “qualcosa che non è accaduto” qualcosa che “non è successa” come avrei desiderato o come mi sarei aspettato.
E io sono un fervente sostenitore degli insuccessi! Credo che siano accadimenti meravigliosi! Perché rappresentano delle incredibili opportunità.
E poi, diciamo la verità, come si reagisce ad un insuccesso definisce chi siamo.
Eppure, fin dalla scuola elementare, nonostante ci dicano sempre che “sbagliando si impara” , ci abituano a vergognarci dei nostri errori, a sentirci sbagliati o in difetto, anziché insegnarci ad analizzarli per trarne davvero un insegnamento.
E allora, per andare controtendenza, oggi ho deciso di condividere con te quello che, a una prima vista, è stato il mio più grande insuccesso nel mondo del karate, ma senza il quale, ne sono certo, oggi non sarei qui a parlarti.
Spero che quello che ho fatto io ti potrà essere di ispirazioni in momenti difficili.
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