Eugenio Credidio

Curriculum Eugenio Credidio

  • Dottore in Lettere;
  • Istruttore 4° dan di Karate;
  • Istruttore 2° dan Ju Jitsu;
  • Istruttore CQC;
  • Master Instructor Keysi e responsabile Nazionale Keysi Wordl fino al 2012
  • Istruttore TRX riconosciuto da Fitness Anywhere
  • Certificazione CrossGym Functional Training;
  • Certificazione CrossGym CrossFit Training;
  • ELAV Kettlebell Functional Training;
  • ELAV Basic Certifcation;
  • ELAV Expert Certification;
  • ELAV Specialist Certification in preparazione atletica sportiva con un percorso che comprende:
    • Valutazione ed allenamento avanzato della forza condizionale per lo sport;
    • Valutazione ed allenamento metabolico avanzato per lo sport;
    • Allenamento funzionale per lo sport;
    • Allenamento funzionale metabolico per lo sport;
    • Flessibilità e mobilità per lo sport;
    • Prevenzione degli infortuni nello sport;
    • Periodizzazione avanzata dell’allenamento per lo sport;
  • ELAV Specialist Certification in personal trainer riconosciuto a livello europeo con un percorso formativo che comprende:
    • Biomeccanica degli esercizi per il fitness;
    • Flessibilità e mobilità per il fitness;
    • Valutazione e allenamento aerobico e metabolico per il fitness;
    • Valutazione e allenamento della forza e dell’ipertrofia per il fitness;
    • Programmazione dell’allenamento per il fitness
  • ELAV Specialist Certification in allenamento per il dimagrimento con un percorso formativo che comprende:
    • Allenamento per il dimagrimento;
    • Composizione corporea e metabolismo;
  • Trigger point therapy U6+;
  • Release miofasciale ELAV (settore preventivo)
  • Membro della Stunt Crew di Dark Resurection Vol. 0
  • Co-autore di “On the Road (sulla Via) – Dialoghi all’ombra del Do” per la OM edizioni assieme al Maestro Ferdiando Balzarro.

Ho sempre odiato scrivere questo tipo di pagine! Uno o è eccessivamente autoreferenziale o, per modestia o falsa modestia tralascia punti che potrebbero essere interessanti…d’altronde come si fa a scrivere chi si è? La metà delle persone che conosco non sanno chi sono, ed è per questo che sono interessanti, e l’altra metà è convinta di saperlo e di saperlo spiegare agli altri…ed è per questo che sono incredibilmente noiosa!

E poi, diciamo la verità: ” Eugenio Credidio nasce a Valenza il 2 aprile 1987, ha studiato…” che noia! Come si fa a non addormentarsi? Mi rifiuto!

Quindi che dire? Beh, una cosa ve la posso dire con certezza: io, che sono il tizio carino sulla sinistra, sono una di quelle persone che non sa ancora bene chi è, ma che non ha ancora rinunciato a cercare di capirlo e di scoprirlo e che si ritiene fortunata perché ha la possibilità di vivere un viaggio invisibile o banale per molti, ma incredibilmente arricchente per lo fa; un viaggio che  mi ha portato a fare delle scelte bizzarre, per alcuni sbagliate, ma che sicuramente mi stanno permettendo di vivere senza rimpianti.

Nella mia vita, fino ad ora, sono stati due i punti fondamentali: il primo è stato “Sì, sì, che hai studiato karate” diranno le persone che già mi conoscono …e invece no! Che alle elementari ero tormentato dai dei ragazzini! Senza quei ragazzini mica mi sarei messo a praticare karate! Anzi, sapete che vi dico? Che già che ci sono approfitto di questo spazio virtuale per ringraziare quei tre, perché è proprio grazie a loro che da bambino mi sono avvicinato a questa meravigliosa disciplina che mi ha profondamente segnato. Io l’ho sempre detto: sono prima di tutto un karateka e poi tutto il resto. Quando suonavo il mio sax in un gruppo mi dicevano “Ora sei un sassofonista” e io rispondevo prontamente “No! Io prima sono un karateka, poi sono un sassofonista”, dopo che ho pubblicato il libro con il Maestro Balzarro mi dicevano “Ora sei uno scrittore” ed io “No! Prima sono un karateka, poi sono uno scrittore”…non immaginate quante volte mi hanno mandato a quel paese! Ammetto che forse ero un po’ pesante, ma è una cosa a cui ho sempre tenuto. Credo sia un po’ come dire ad un filosofo “Sei un maestro” o “Sei un professore”, lui, se è un vero filosofo, vi risponderà sempre che prima di tutto è filosofo e poi il resto. 

Oltre a questo, il secondo punto fondamentale, quello che veramente mi ha cambiato è stata la mia esperienza universitaria a Torino. Il dover vivere da solo, il dovermi organizzare, lo studiare per gli esami, il dover portare a termine determinati impegni è stata per me un’esperienza basilare. Torino…che bella che è! Ci siete mai stati? Gli alessandrini sono fissati con Milano, ma ragazzi miei, Torino ti entra nel cuore, passeggiare Piazza Vittorio Veneto, al calar del sole, nel periodo estivo, quando tutti i bar tirano fuori i dehor e c’è quel brusio di gente, di vita e il cuore ti si spalanca; che meraviglia. E poi le luci d’inverno, per Natale, e la nebbia che nasconde la punta della Mole che “guai a guardarla se no non ti laurei” (non vi preoccupate, io l’ho guardata e mi sono laureato; e pure in tempo!)…in questa bellissima cornice ho avuto la possibilità e soprattutto l’onore di conoscere, di allenarmi e di studiare con il Maestro Strummiello che ormai considero a tutti gli effetti il mio Maestro. È stato un incontro di fondamentale importanza per la mia formazione, ma magari di questo ne parleremo in un post. Con lui collaboro ancora adesso nonostante sia rientrato nella mia un po’ più grigia Alessandria.

Nella capitale sabauda ho avuto anche la fortuna di fare un altro incontro: quello con il Maestro Fabretti (che per me sarà sempre Ines, non me ne vogliate), grazie alla quale mi sono avvicinato alla meditazione…prendendomi dei sonori caziatoni in quanto, in certe cose, sono veramente uno studente indisciplinato! Sono stati anni veramente importanti per me e sono sicuro che tutto quello che faccio adesso, tutto quello che sto costruendo, dallo scrivere sull’Informatore Alessandrino allo sviluppare Urban Budo con il mio amico, il Maestro Maurizio Zuppa, dal gestire l’Asd Dojo Shin Sui al continuare a studiare ed a formarmi nelle scienze motorie, non l’avrei mai fatto senza averli incontrati e senza aver portato a termine il mio percorso di studio in lettere che mi ha dato veramente la possibilità di aprire la mente e senza il quale ora credo non potrei aprocciarmi a molti studi che sto seguendo adesso.

Molti nel mio percorso formativo vedono delle incongruenze. Qualcuno, pensa anche che io sia un praticante spurio: l’inizio con il karate a cui poi ho affiancato il ju jitsu, l’aver approfondito la difesa personale nel contesto urbano avvicinandomi prima al Close Quarter Combat, poi a quella che all’epoca era una vera e proprio gloriosa organizzazione mondiale, KFM, e infine aver dato vita a Urban Budo dà la sensazione a qualcuno che io abbia tradito la “Via”.

Altri vedono in me un “modaiolo” per via della mia passione per lo studio delle metodologie di allenamento che mi ha portato prima ad avvicinarmi al functional training e successivamente al Corssfit praticato alla Cross Gym di Maddaloni per poi seguire i percorsi formativi ELAV.

…Vedete amici miei, immagino che se siate arrivati a leggere fino qui ormai io vi possa considerare miei amici, in realtà il famoso filo rosso che unisce tutto c’è, ma non è facile da vedere, soprattutto da chi ha una mentalità un po’ chiusa e magari è arroccato nelle sue idee…e allora, se la curiosità vi guida e se avrete pazienza di leggere ancora qualche riga, approfitterò di questo spazio per mostrarvi questo filo di Arianna che parte proprio dall’arte che tanto amo, a cui tanto devo e che spero di onorare degnamente,  il karate, e lega tutto il resto che in realtà sembra tanto distante ma che poi, se guardiamo bene, non lo è per niente.

Per quelli secondo cui ho tradito il Karate: come ho iniziato a studiarlo sotto un altro punto di vista…e semplicemente con altri vestiti

“Karate, Ju Jitsu, CQC, KFM…non pensi di fare un po’ troppe cose? Come puoi pretendere di raggiungere la maestria in questa disciplina se usi così tanto tempo ed energie per studiarne altre?!” Questa fu una critica mossami da un famoso Maestro un po’ di tempo fa; critica che mi colpì molto e che mi obbligò a riflettere e alla quale oggi vorrei rispondere così: “Perché andare sull’Himalaya per trovare se stessi?”. Semplicità e ricchezza, è per questo che amo l’arte della mano vuota. Semplicità in quanto il karate si basa su concetti semplici, quasi elementari e proprio per questo forse tanto difficili da applicare, ma è dove c’è l’assoluta semplicità che risiede la vera bellezza.

Ricchezza perché è una disciplina che veramente dà al praticante, se il praticante è disposto a darsi a questa; e non mi riferisco solo all’aspetto fisico e tecnico che è pur amplissimo. Nella mia esperienza il Karate dà veramente la possibilità di incontrarsi, di conoscersi un po’ meglio o quanto meno di affrontare i propri limiti e le proprie paure.

Credo però che negli ultimi anni sia stato un po’ defraudato. Defraudato dalle Federazioni, dai Maestri (alcuni) e forse un po’ anche dai praticanti che sono tutti proiettati verso l’agonismo, pratica che, se stiamo a seguire i precetti di Funakoshi, neanche dovrebbe essere contemplata. È così di 26 kata se ne praticano una decina, della miriade di tecniche ideate dai Maestri fondatori si studiano solo quelle utili a fare punto nelle gare di combattimento, tutto ciò che non è utile per le competizioni o bello viene scartato o modificato e pian piano…perduto. A me questo non andava giù. Perché la nostra arte, così bella, così ricca, doveva subire questa che, a parer mio, è una vera e propria menomazione?  Questa è stata la causa del mio viaggio che, agli occhi dei più, sembra che porti tanto lontano dalla Via, ma invece non vuol essere altro che una strada per andare ancora più in profondità in questa. Perché vedete, affacciandomi a tante discipline diverse ho potuto notare una cosa: che ogni tecnica che studiavo, ogni movimento nuovo che assorbivo, in realtà, nuovi non lo erano per niente, erano già presenti nella disciplina che avevo studiato per tanti anni e che continuavo a studiare curioso. Erano sempre state lì: nei kata. Un esempio? Le proiezioni e le spazzate del Ju Jitsu, le rotture articolari del CQC, i passi pestati, i martelli ed il controllo dell’area di KFM…erano già tutte lì, le avevo sempre studiate, fin da bambino, e forse per questo le trovato tanto “facili”, solo che non avevo trovato nessuno che fosse in grado di disvelarmi questi insegnamenti, o di mostrarmeli in maniera tale che fossero semplici per me da capire.

Esattamente come un pellegrino che ha la necessità di andare lontano da luogo natio per scoprire o meglio riscoprire quello che è sempre stato dentro di sé, io ho semplicemente avuto la necessità di allontanarmi (anche se non credo sia un termine appropriato) da una disciplina per poterla capire meglio, per poterla osservare con occhi diversi, freschi, per poterla riscoprire se vogliamo dire così. In realtà cambiavo solo l’abito, ma nel mio profondo io praticavo sempre, e pratico tutt’ora, il mio amato karate. Ecco il vero motivo di questo viaggio che in pochi hanno compreso e che credo, non sia ancora terminato

Per quelli secondo cui sarei un modaiolo e segurei esclusivamente le metodologie di allenamento più “in”

Quando seguii il corso da Istruttore di Karate a 18 anni rimasi veramente deluso dal fatto che alla preparazione fisica erano riservate poche pagine di una dispensa già di per se asciutta. Ho sempre ritenuto che la conoscenza della preparazione fisica per un Istruttore sia fondamentale anche perché è quella che permette ti non procurare danni agli allievi e, sinceramente, dopo il corso, io ne volevo sapere più perché non mi sentivo preparato. Come potevo costruire un riscaldamento? Come potevo portare i miei studenti ad avere una miglior efficienza metabolica? Come dovevo allenare gli amatori e come gli agonisti? Per parecchio tempo mi rimase questa sensazione di mancata sazietà; mi sentivo un po’ come quando si fa un buon pasto ma ci si alza da tavola insoddisfatti. Riconoscevo di avere molte lacune riguardo questa tematica.

Oltre a questo, non me ne vogliano i praticanti e gli insegnanti, ma penso di dire cose che siano difficilmente negabili, guardandomi attorno, stage, allenamenti con vari Maestri, gare, mi rendevo conto che il livello di preparazione atletica del praticante di karate, spesso anche dell’agonista, è veramente basso; soprattutto se equiparata a quella di altri sport da combattimento.
E così, decisi di fare il mio primo corso da personal trainer…una coltellata assurda! Buttai via soldi e tempo, ma comunque mi si aprirono un pochino gli occhi su un mondo che per me, allora, era del tutto sconosciuto; e ne fui affascinato. Il problema, però, era che era un mondo fatto di palestre, macchine, sale di aerobica e via dicendo…mondo che io facevo fatica a mandare giù perché tanto lontano dalla mia mentalità,  così decisi di studiare per un po’ da autodidatta e di lavorare sul corpo libero fino a quando, come molti penso, non m’imbattei su internet in un articolo che parlava di kettlebell..e di che cos’altro avrebbe mai potuto parlare?! Penso che tutti i praticanti di sport da combattimento si siano avvicinati alla mitica palla russa almeno una volta nella vita.

Così iniziai ad informarmi, a leggere, studiare, provare fino ad appassionarmi al functional training e fare il mio primo corso per istruttori di TRX, attrezzo che io amo veramente tanto. Da quel giorno partì un iter volto ad aumentare le mie conoscenze ed a colmare le mie lacune, un iter che, non nascondo, molto si basava sulle informazioni che si potevano trovare su internet, sulle chiacchierate con amici che ne sanno più di me (tra cui Mario Civalleri a cui devo moltissimo) e su quello che riviste varie dicevamo. Gira che ti rigira finii per avvicinarmi all’ELAV, alla CrossGym, scoprii il rilassamento miofasciale, il Tactfit e poi, nuovamente come ogni praticante di arti marziali che si rispetti in questi anni, mi avvicinai al Crossfit e decisi di andarlo ad imparare direttamente alla CrossGym, dove ebbi il grandissimo onore di allenarmi con Davide Rombolotti per cui nutro una profondissima stima. Tutto questo cercare era portato dalla curiosità, dal desiderio di conoscenza, di comprendere e ovviamente anche dai numerosi articoli che si possono leggere in giro e che spingono moltissimo queste metodologie come le più adatte alla discipline che praticavo e pratico. Ma fu proprio con lo studio del Crossfit che venne la crisi e che capii che quella non era la mia strada (ne parleremo in un post magari). Così decisi di cambiare rotta e di riavvicinarmi all’ELAV, che ha metodiche molto più vicine a quelle che cercavo ed i cui insegnamenti mi stanno permettendo di creare veramente qualcosa di nuovo nell’ambito delle discipline che pratico.

Per cui più che un modaiolo io direi che sono stato, e sono tutt’ora, un affamatissimo curioso che ben conosce i propri limiti e le proprie lacune e che è desideroso di colmarle. Mi sono affacciato alle mode? Quando le credevo valide sì, ma sempre con occhio critico che mi ha permesso di rinunciare a certe metodologie se non le trovavo appropriate per i miei allievi o per i miei clienti, anche se questo voleva dire, spesso, fare una scelta meno redditizia ma più etica perché, nel fitness, sono le mode che comandano il mercato, e sempre con l’intento di trovare qualcosa che mi permettesse di trovare la metodologia ideale per allenare i ragazzi che praticano presso l’Associazione che dirigo.