Qualche anno fa mi trovai di fronte a una situazione che mi ha fatto molto riflettere. Un signore venne nel nostro Dojo per chiedere informazioni sui corsi di karate. Cercava un’attività per suo figlio, un bambino di appena quattro o cinque anni.
Lui aveva già deciso tutto per suo figlio. Suo figlio avrebbe iniziato a praticare karate, sarebbe diventato un grandissimo agonista e poi quando sarebbe diventato più grande avrebbe fatto il concorso per entrare in un corpo, nell’arma dei carabinieri, piuttosto che nelle fiamme oro, insomma per entrare in un gruppo sportivo militare.
Mi colpì subito quanto fosse dettagliato il suo piano. Non stava semplicemente cercando un hobby per il bambino. Aveva già tracciato l’intera vita sportiva e professionale del figlio: prima il karate, poi una brillante carriera agonistica, e infine l’ingresso in un gruppo sportivo militare.
Quando gli spiegai che nel nostro Dojo l’agonismo non è il focus principale, ma solo una piccola parte di ciò che facciamo, rimase sbalordito. La sua reazione fu ancora più sorpresa quando gli suggerii che forse, prima di fare progetti così grandi per suo figlio, sarebbe stato meglio aspettare che il bambino crescesse un po’ e poi parlarne insieme a lui.
Questo non è stato un caso isolato. Nel corso degli anni, ho incontrato molti genitori con la stessa “voglia sfegatata di agonismo” per i propri figli. Genitori che avevano già pianificato ogni singolo passo della carriera sportiva dei loro bambini, convinti che l’agonismo fosse la cosa più importante nella vita dei loro piccoli.
Mi sono spesso chiesto cosa spinga i genitori a proiettare così fortemente i propri desideri sui figli. Forse sono sogni che loro stessi non hanno potuto realizzare? O forse è la speranza di dare ai figli opportunità che loro non hanno avuto?
L’approccio nordeuropeo all’attività sportiva infantile
Riflettendo su quanto ho visto nei miei anni di insegnamento, non credo che spingere i bambini verso l’agonismo precoce sia l’approccio migliore. Ho sempre avuto la sensazione che dietro questa pressione ci siano adulti che forse avrebbero voluto loro stessi ottenere grandi risultati sportivi. Sembrano proiettare i propri desideri sui figli, sperando di vederli salire su un tatami o su un ring per ottenere quei riconoscimenti che magari loro non hanno avuto.
Credo che invece l’approccio più corretto sia quello che viene adoperato in alcuni paesi del nord Europa, dove fino a una determinata età, mille dodici anni, alle volte anche quattordici, I bambini e I ragazzini non possono fare agonismo vero e proprio.
Il modello nordeuropeo che ammiro tanto mette al primo posto il benessere dei bambini. In questi paesi, fino ai 12-14 anni, i piccoli atleti non partecipano a competizioni agonistiche vere e proprie. Questo non significa che non abbiano occasioni di confronto – anzi!
Esistono eventi dove i bambini possono incontrare coetanei di altre squadre, team o palestre. La differenza sta nel fatto che questi eventi non sono strutturati come gare competitive. Tutti i partecipanti vengono premiati, creando un ambiente dove non c’è la pressione di dover vincere a tutti i costi.
Se pensiamo al calcio, per esempio, in questi contesti i bambini non hanno nemmeno i numeri sulle maglie. L’obiettivo principale è promuovere il confronto sano e l’amicizia, non la competizione spietata.
Questo approccio permette ai bambini di sviluppare un rapporto più sereno con lo sport, imparando a godere dell’attività fisica e del gioco di squadra senza l’ansia della prestazione. Possono scoprire le proprie passioni in modo naturale, senza che queste vengano imposte dall’alto.
La bellezza di questo sistema è che i bambini hanno il tempo di crescere, di capire cosa amano davvero fare, e di sviluppare le proprie abilità in un ambiente supportivo e non giudicante. Solo più tardi, quando sono più maturi sia fisicamente che emotivamente, vengono introdotti al mondo della competizione.
Imparare a gestire successi e insuccessi
So già cosa alcuni di voi stanno pensando. Forse credi che la delusione di non arrivare primi o non riuscire a vincere possa essere un’esperienza traumatica per i bambini. Ma ti assicuro che non è così.
Anzi, credo fermamente che i bambini debbano confrontarsi con l’insuccesso e con la delusione. Questi momenti sono preziosi perché insegnano loro come gestire ed affrontare le sconfitte, una capacità che sarà utile per tutta la vita.
Reputo che la cosa importante sia riuscire a creare un ambiente in cui ogni bambino e ogni bambina venga valorizzato dove non sia più bravo, più degno di attenzioni o più importante il bambino o ragazzino o ragazzina che porta a casa le medaglie, ma che sia la meritocrazia intesa come dare il massimo per ognuno, per quello che si può fare in quel momento, che sia il fulcro dell’insegnamento ai bambini.
Quello che conta davvero è creare un ambiente in cui ogni bambino si senta valorizzato. Un luogo dove chi porta a casa le medaglie non è automaticamente considerato “più bravo” o “più importante” degli altri.
La vera meritocrazia, secondo me, non sta nel vincere a tutti i costi. Sta nel dare il massimo in base alle proprie capacità del momento. Questo dovrebbe essere il cuore dell’insegnamento che offriamo ai nostri piccoli atleti.
Quando un bambino impara che l’impegno vale più del risultato, sviluppa una mentalità sana verso le sfide. Non ha paura di tentare cose nuove o difficili perché sa che il valore sta nel provare, non solo nel vincere.
In questo modo, anche una sconfitta diventa un’opportunità di crescita. I bambini imparano a rialzarsi, a riflettere su cosa possono migliorare, e a continuare con ancora più determinazione.
Questo approccio aiuta a formare non solo bravi atleti, ma persone equilibrate, capaci di affrontare con serenità i successi e gli insuccessi che la vita inevitabilmente porterà.
Le fasi di crescita e lo sviluppo equilibrato
I bambini non crescono tutti allo stesso modo. Attraversano diverse fasi di sviluppo che vanno ben oltre la semplice crescita fisica. Ogni bambino ha anche un suo percorso di crescita psicologica ed emotiva.
I bambini attraversano diverse fasi di crescita non solo fisica ma anche psicologica ed emotiva e anche in base a questo un bambino può essere più o meno performante.
Questa è una verità che spesso viene trascurata quando si parla di attività sportiva infantile. In base alla fase di crescita in cui si trova, un bambino può mostrare livelli di performance molto diversi.
I disequilibri legati all’età
Ho notato che questo aspetto è stato confermato anche da studi condotti nei settori giovanili della FIFA. Quando categorizziamo i bambini solo in base all’età anagrafica e li facciamo competere tra loro seguendo questo unico criterio, emergono inevitabilmente dei disequilibri.
Questi squilibri sono spesso impossibili da colmare per i bambini, proprio perché non hanno ancora raggiunto una maturazione sufficiente. Non si tratta di impegno o talento, ma semplicemente di fasi di sviluppo diverse.
Strumenti per crescere vs medaglie
Nel nostro Dojo, riteniamo molto più importante concentrarci sul dare ai bambini i giusti strumenti per crescere bene, piuttosto che focalizzarci sull’aspetto agonistico. Non ci interessa preparare gare con l’unico scopo di far vincere medaglie ai nostri piccoli allievi.
Per le medaglie e le competizioni ci sarà sempre tempo quando saranno più grandi. È intorno ai 12-14 anni che ragazzi e ragazze iniziano a diventare davvero performanti, ed è in questa fase che può valere la pena iniziare a lavorare sull’agonismo.
Rispettare i tempi di sviluppo
Credo sia molto più intelligente e rispettoso nei confronti dei bambini concentrarsi sul fornire loro i giusti stimoli per una crescita equilibrata. Questo significa dare spazio al gioco, all’esplorazione delle proprie capacità, e all’apprendimento senza la pressione della competizione.
Ogni bambino ha i suoi tempi, e forzarli a competere prima che siano pronti può essere controproducente. Non solo per i risultati sportivi, ma soprattutto per il loro sviluppo emotivo e per il rapporto che costruiranno con lo sport.
Dare ai bambini la possibilità di crescere secondo i propri ritmi significa rispettare la loro natura e aiutarli a sviluppare una passione autentica per l’attività fisica, che potrà accompagnarli per tutta la vita.
I rischi della specializzazione precoce
Non c’è nulla di male nel permettere ai bambini di provare diverse attività sportive. Anzi, dare loro l’opportunità di sperimentare vari sport è fondamentale per il loro sviluppo completo.
Se noi andiamo a lavorare in maniera iper verticale e specializziamo il bambino in maniera precoce, uno) non ci sono studi scientifici che dimostrano che questo sia effettivamente produttivo e gli dia dei reali vantaggi poi nel momento in cui sviluppato le competenze e la maturità giusta per entrare nella, diciamo, serie A dell’agonismo per riuscire ad essere davvero performante.
Il mito della specializzazione precoce
Molti credono che far specializzare i bambini in un solo sport fin da piccoli sia la strada per il successo. È vero, forse vinceranno qualche medaglia in più o qualche coppa. Forse questo nutrirà il loro ego e, ammettiamolo, anche quello del loro insegnante.
Ma la realtà è ben diversa. Non esistono studi scientifici che dimostrino che la specializzazione precoce porti reali vantaggi a lungo termine. Non ci sono prove che questo approccio aiuti davvero i bambini quando, cresciuti, avranno la maturità giusta per entrare nel mondo dell’agonismo ad alto livello.
Le esperienze motorie perse
C’è però un rischio concreto: privare i bambini di quelle esperienze motorie fondamentali per il loro sviluppo. Quando limitiamo un bambino a un solo sport, gli impediamo di sviluppare un bagaglio motorio ampio e variegato.
Questo bagaglio è prezioso. Non solo arricchisce le capacità fisiche del bambino, ma gli permette anche di:
- Scoprire quali attività gli piacciono davvero
- Sviluppare abilità diverse che si completano a vicenda
- Evitare sovraccarichi fisici tipici della specializzazione precoce
- Divertirsi di più in qualsiasi attività sportiva scelga
Il valore della varietà
Un bambino che ha provato diversi sport avrà più stimoli e più strumenti a sua disposizione. Potrà divertirsi maggiormente in qualunque attività sportiva decida di praticare, anche quando sceglierà di specializzarsi.
La varietà di esperienze motorie non è un ostacolo al successo sportivo, ma una base solida su cui costruirlo. Un atleta completo, con un ampio bagaglio di esperienze, avrà più risorse da cui attingere anche nello sport in cui deciderà di specializzarsi in futuro.
Ricordiamoci che l’obiettivo principale dell’attività sportiva infantile dovrebbe essere la crescita equilibrata del bambino, non la corsa alla medaglia a tutti i costi.
L’approccio del Dojo Shin Sui
Nel nostro Dojo Shin Sui, abbiamo una filosofia ben precisa quando si tratta di insegnare il karate ai più piccoli. Non puntiamo all’agonismo precoce o alla specializzazione forzata, ma a creare un ambiente in cui ogni bambino possa crescere in modo equilibrato, rispettando i suoi tempi e le sue inclinazioni.
Se sei curioso di questo approccio ti ricordo che basta andare sul sito dojo Shin Sui punto com e nel menu cliccare su Karate Kidz Academy, il nostro corso di karate per bambini, per bambine anche ovviamente, e per ragazzi.
La nostra Karate Kidz Academy è pensata proprio per offrire ai bambini un percorso di crescita completo, dove l’attività fisica si unisce allo sviluppo di valori importanti come il rispetto, la disciplina e la fiducia in sé stessi. Non ci interessa creare piccoli campioni a tutti i costi, ma aiutare i bambini a diventare persone equilibrate, capaci di affrontare le sfide della vita con serenità.
Se questo tipo di approccio ti incuriosisce e stai cercando un’attività sana per tuo figlio o tua figlia, ti invito a scoprire di più sulla nostra Karate Kidz Academy. Sul nostro sito web troverai tutte le informazioni necessarie e potrai vedere come lavoriamo con i più piccoli.
Ma fai in fretta! Offriamo sempre due settimane di corso gratuito per permettere ai bambini di provare e vedere se si trovano bene con noi. Tuttavia, lavoriamo con corsi a numero chiuso per garantire la massima attenzione a ciascun allievo, quindi i posti disponibili sono limitati.
Sarei davvero curioso di sapere cosa ne pensi di questo approccio. Magari hai avuto esperienze diverse con altri sport, o forse hai notato anche tu i problemi legati alla specializzazione precoce e all’agonismo esasperato. Se ti va di condividere i tuoi pensieri, inviamo una mail eugenio@dojoshinsui.com.
Buona pratica e a presto,
Eugenio