Mi ricordo ancora quando da bambino vedevo le cinture blu allenare Heian Godan.
Ne ero completamente rapito e mi chiedevo quando anche io sarei arrivato a farlo.
Heian Godan ha il sapore del traguardo. È un kata che chiude un ciclo e ti prepara ad affrontare una nuova avventura.
È il kata dove per la prima volta il karateka spicca al volo.
Diciamocelo, è un kata un po’ spaccone, a cui piace farsi vedere.
Ha un inizio potente e misterioso, con quel mitsunage kamae, la posizione a flusso d’acqua, che si trova solo qui, per poi passare a una serie di tecniche rapide e potenti, quasi come se la forza di quell’acqua che abbiamo richiamato all’inizio si sprigionasse di colpo, seguite da quegli elementi che strizzano l’occhio ai kata superiori.
E infine il salto.
Per la prima volta qui, il praticante stacca i piedi da terra e vola. Un salto semplice, ma che richiede controllo, grazia ed equilibrio, soprattutto in fase di atterraggio. Quasi a ricordarci il mito di Icaro.
Per chiudere infine con quel passaggio da zenkutsu dachi a kokutsu dachi che richiede una padronanza fine dell’uso dell’anca.
Heian Godan è un kata spaccone, è vero, ma come succede con le persone, questa sua spacconaggine è una maschera dietro la quale si nasconde un cuore profondo che ha molto da insegnarci.
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