Kanku dai era il kata preferito da Funakoshi
Lo amava così tanto che scelse proprio questo kata per la dimostrazione che tenne davanti all’imperatore Hiroito nel 1922.
Ed è curioso che tanti karateka lo detestino.
Perché lungo. Perche faticoso. Perché è difficile da ricordare.
Lo detestavo anche io. Poi è passato il tempo e ho iniziate a vedere cosa nasconde dietro le apparenze. E me nessuno innamorato.
Assieme a Bassai Dai, Jion ed Enpi forma il blocco dei grandi quattro del Karate Shotokan.
E secondo me dovrebbe essere il primo kata superiore ad essere insegnato e il kata obbligatorio per l’esame da 1º dan.
Il nome è pura poesia.
Kan: guardare
Ku: cielo o anche vuoto.
Quindi guardare il cielo o guardare il vuoto. Un nome che ha un fortissimo richiamo alla tradizione esoterica del karate.
Il dai invece è stato aggiunto dopo.
Ma Kanku non è il solo nome di questo kata.
Il primo, quello originale è Kushanku, usato ancora oggi dallo Shito Ryu, e si dice derivi dal nome del diplomatico cinese che Kung Siang Chung, figura mitologica a cui si dà la paternità di questo kata, ma che probabilmente non è mai esistito.
Il secondo nome è Koso Kun che altro non è che Kushanku letto alla giapponese. Questo nome a un certo punto diventa Kanku.
Il suffisso dai venne aggiunto solo quando il Maestro Itosu ideò Kanku Sho.
Tralasciando le leggende è probabile che questo kata sia stato ideato da Sakugawa, ma il come è ancora oggi un mistero.
Secondo alcuni è la somma degli Heain. Secondo altri sono gli Heian che derivano da Kanku.
Se invece seguiamo la teoria di Schmeisser secondo cui gli Heian derivano dagli antichi kata Channan, allora Kanku sarebbe una sorta di compilation dei Channan.
La verità non la sapremo mai, ma è interessante notare che c’è un punto in cui il kata cambia ritmo. Per la precisione dopo l’uchi uke uke con ren tsuki.
Da qui, secondo alcuni, il kata è stato rimaneggiato e il pezzo successivo aggiunto.
Kanku Dai è un kata con delle forti particolarità:
Prima di tutto è l’unico kata con nidan toni geri, il calcio saltato a due livelli, che ormai la maggior parte dei praticanti non esegue più perché… è più facile così.
L’enbusen che si disegna forma l’ideogramma “hon” che significa radice, libro o sorgente. A sottolineare la sua importanza.
E infine il suo inizio iconico in cui andiamo a disegnare un triangolo per poi compiere un grande cerchio, a simboleggiare l’universo, il sole che sorge e l’enso, il cerchio sacro dello zen.
Kanku Dai è un kata denso, ricco di storia e di leggenda. E spero che quando lo praticherai te ne innamorerai anche tu.
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