Non mentirò: non provo simpatia per Bassai dai.
Lo trovo un kata pachidermico, pesante. Poco affine a me e alla mia idea di karate. Preferisco il fratello minore.
Ma è un kata fondamentale, spesso richiesto all’esame da cintura nera per il suo uso fine delle anche. E quindi è giusto che abbia un posto in questa mia serie.
Il suo nome viene tradotto sempre come “penetrare la fortezza” ma se si leggono i kanji di penetrare non si parla mai.
Nel suo splendido libro Kata, the folk dances of Shotokan, Rob Redmon spiega che ci sono 6 modi diversi per scrivere Bassai e in nessuno di questi modi c’è un kanji che si può leggere come penetrare.
Il modo più conosciuto è composto da un primo kanji che significa “estrarre” o “tirare fuori” e da un secondo che si può leggere come “ostruzione” o “qualcosa sul cammino”.
Quindi Bassai significa: uscire o estrarre dalla fortezza oppure rimuovere un blocco o un’ostruzione.
Nome che dà un significato completamente diverso al kata.
Sono state due traduzioni inglesi di Best Karate e Karate Do Kyohan che hanno dato vita a questa credenza traducendo appunto il nome in Bassi in “penetrare la fortezza” ma non si sa il perché.
È un kata antico di cui esistono molte versione, ma non ne si conosce l’origine. Qualcuno lo attribuisce a Matsumura, ma non ci sono prove concrete a riguardo.
Un’altra ipotesi è che sia un kata originario di Tomari dato che inizia con la mano sinistra aperta sopra il pugno destro, come tutti i kata originari di Tomari: Jion, Ji’in, Jutte ed Enpi.
Secondo altri in questo primo gesto iniziale ci sarebbero le origini cinesi di questo kata. Ma sono solo teorie, non abbiamo niente di concreto. Potrebbe anche essere che ai praticanti piacesse iniziare il kata così e basta.
Le versioni più conosciute sono Matsumura Bassai, Tomari Bassai, Oyadomari Bassai e Ishimine Bassai.
Tutte hanno in comune una prima parte composta da una serie di parate seguita da una successiva caratterizzata da parate con mano a taglio e l’uso dei calci laterali bassi (fumikiri).
Le versioni più antiche si riconoscono perché prediligono il neko ashi dachi al koku, visto che il koku è stato inserito nello shotokan solo negli anni ’30.
Proprio per questo suo focus sulle parate è un kata difficile da applicare.
Ma se si ha un buona conoscenza tecnica del karate e del ju jitsu si apre un mondo davanti ai nostri occhi, che rivela il significato nascondono tutti quei misteriosi blocchi senza contrattacchi.
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