Nel karate tutti lo dicono, ma che nessuno sa cosa significa

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C’è una parola nel karate shotokan che viene usata e forse anche abusata. È “osu” (pronunciata “oss”).

Negli anni ’80 e ’90 per qualsiasi cosa si rispondeva “osu”.

Durante il saluto, quando il Maestro faceva una correzione o finiva una spiegazione. Addirittura per salutare i propri compagni.

Lo si faceva per tradizione, lo si faceva perché lo facevano tutti, lo si faceva perché te lo diceva il Maestro. E quando chiedivi “ma cosa significa osu?” le risposte erano varie e sempre un po’ vaghe.

Significa: “presente!”

Significa:“sì”

Significa: “grazie”

Significa: “ho capito”

A volte, poi, arrivava un più onesto: “si dice. È tradizione”.

A me la tradizione piace, però sono anche morbosamente curioso e non sapere il significato di un termine tanto usato nel dojo mi manda fuori di testa.

Così come mi fa impazzire il non capire perché, se lo dico a uno stage di Wado Ryu, tutti mi guardano storto e magari mi prendo pure del mafioso (se sono fortunato).

Infatti osu è una parola particolare e sotto certi aspetti misteriosa.

Viene usata solo nel karate shotokan e nel kyokushinkai. Non viene usata in nessun’altra arte marziale giapponese. E se lo dici ad un giapponese ricevi un’occhiataccia. 

Curioso no?

Così ho chiesto ad Alberto, esperto in lingue orientali, di aiutarmi a capirci un po’ di più.

Ecco cosa è venuto fuori dalla nostra caccia al tesoro.

Non si sa con certezza com’è nata la parola “osu”.

Pare essere la forma contratta di Ohayō gozaimasu (Buongiorno) o di Onegai shimasu (Per favore), ma non c’è nulla di certo. 

Già questo dovrebbe farti capire che non è una forma cortese perché, per dirla semplice, in giapponese più la frase è corta e meno è cortese, più la frase è lunga e più è cortese.

Non è certo nemmeno quando sia stata usata per la prima volta e da chi. Anche qui ci sono varie versioni.

Una di queste vuole che sia stata usata come saluto all’interno della marina imperiale. Un’altra invece si rifà all’hagakure, in cui si legge che gli studenti, a scuola, si salutavano con “osu”.

Indipendente che tu scelga di credere alla prima o alla seconda versione osu si può tradurre come un “saluto molto maschio e anche un po’ volgare” traducibile quasi con il nostro “AO!”,pensato per creare del cameratismo all’interno di un gruppo.

Il termine è composto da due ideogrammi. Il primo significa “premere”, il secondo significa “resistere” (intenso proprio come resilienza).

ideogrammi osu

Da qui lo spirito dell’osu”

ideogrammi osu no sei shin

Un’altra particolarità di questa parola è che contiene l’ideogramma kokoro che significa cuore, anima, spirito, il che la rende una parola particolare e carica di significato.

Il concetto che si vuole passare è quindi quello del resistere ad ogni costo, del resistere anche se il tuo cuore fosse trafitto da un pugnale.

Ma perché non piace ai giapponesi? Questo è un mistero difficile da capire per un occidentale.

Prima di tutto non piace perché è un saluto poco cortese (è una contrazione di una forma più lunga e questo la rende una parola volgare).

Inoltre ha un significato molto forte e “maschio” che viene usato solo in determinati ambiti e che i giapponesi non dicono praticamente mai.

Quando la sentono pronunciare da un occidentale, che non ne può capire appieno il significato a causa della grande lontananza culturale, hanno quasi la sensazione di essere scimmiottati, oltre che di trovarsi davanti ad un fanatico delle arti marziali (nel podcast Alberto spiega che osu è il saluto che usa Goku in Dragonball).

Per questo va bene usarla all’interno del dojo, ma forse non è il caso di abusarne come si faceva una volta.

Fuori dal dojo invece è proprio vietata. È meglio usare la forma più cortese Onegai shimasu.

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Eugenio

Dal 2009 Eugenio Credidio contrabbanda karate autentico ad Alessandria e nel web e insegna a riconoscere, prevenire e combattere la violenza. Oltre al sui dojo di Alessandria gestisce il canale YouTube di karate tradizionale più seguito d'Italia. Ha ideato il metodo di autodifesa Urban Budo che è stato riconosciuto dal CONI nel 2019. Nel 2013 ha pubblicato assieme al Maestro Balzarro, "On the road" per la OM edizioni e, nel 2020, "Passeggiando per la Via - Storia, riti e gesti del karate".

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