La storia che ti voglio raccontare oggi è quella di Catherine Genovese. Una ragazza di origini italiane uccisa a New York, nel 1964 davanti a 38 persone.
Esatto: 38 persone che hanno assistito alla scena senza fare assolutamente niente.
E quando la polizia o giornalisti ha domandato loro come mai non sono intervenuti la risposta di tutti è stata “Non so!”.
Non ti voglio raccontare questa storia per ragionare con te sulla morale o sull’indifferenza della gente, ma te la voglio raccontare per farti capire qualcosa di davvero importante che, un giorno, potrebbe salvarti la vita:
In caso di pericolo non puoi affidarti all’aiuto di un passante. In caso di pericolo non puoi pensare che, perché sei in mezzo alla gente, allora sei al sicuro.
Come dimostra la storia di Catherine , la presenza di persone non è garanzia di sicurezza.
E ciò non è dovuto al fatto che oggi (come ieri) viviamo in una società fredda e distaccata. Ma è dovuto ad un principio che dimostra che tanti più sono i presenti e tanto è minore la possibilità che qualcuno intervenga durante un evento tragico.
Questo principio, spiegato da Robert Cialdini nel suo famosissimo libro “Le armi della persuasione“ è la Riprova Sociale.
La riprova sociale è quel principio per cui le persone tendono a comportarsi come le altre persone che hanno intorno…come la massa insomma.
È il principio per il quale se a molti piace un prodotto noi siamo propensi a credere che quel prodotto sia buono. O se a molti piace un film siamo propensi a credere che il film sia bello.
E se c’è una coda davanti ad un ristorante…esatto! Siamo portati a credere che in quel ristorante si stia bene.
Se questo principio ci influenza quando si tratta di prendere decisioni superficiali, in situazioni caotiche o particolarmente shoccanti ci influenza sul come affrontare tale situazione.
Ecco allora che se succede un incidente per strada tendiamo a guardarci attorno per vedere come si comportano gli altri così da agire di conseguenza.
Se due litigano per strada e noi non sappiamo se intervenire o meno guardiamo cosa fanno gli altri per decidere cosa fare.
Ti sarà capitato di vivere situazioni di questo tipo.
Prendere una decisione in base a quello che fa la massa in situazioni particolarmente stressanti ci permette di fare anche un’altra cosa: diluire la responsabilità tra i tutti i presenti; della serie “Eh ma non è intervenuto nessuno, perché sarei dovuto intervenire proprio io?”.
Questo viene definito “stato d’ignoranza collettiva” in cui, secondo Latané e Darley, “ciascuno decide che, visto che nessuno si preoccupa, va tutto bene”
Non ci credi?
È stato fatto un esperimento a New York in cui si faceva filtrare del fumo da sotto una porta. Dei passati isolati il 75% ha dato l’allarme, contro il 38% se i testimoni era tre. La percentuale poi scendeva al 10% se tra i tre testimoni c’erano 2 complici che facevano volutamente finta di niente.
Questo è quello che è accaduto quando Catherine Genovese è stata uccisa.
Ed è per questo che non sei al sicuro se sei in mezzo ad una folla.
Ma ci sarà un modo per chiedere aiuto in modo efficace ed evitare “l’effetto Catherine”?
Sì, ed ecco come.
Come chiedere aiuto in modo efficace
Esiste un modo piuttosto semplice per evitare “l’effetto Catherine” ovvero responsabilizzare una delle persone presenti.
Per farlo e sufficiente chiedere aiuto in modo diretto ad una delle persone che stanno assistendo la scena, possibilmente indicandola e dicendogli specificatamente cosa fare.
Per esempio “Tu – e indichi la persona – chiama la polizia!”
Così facendo la persona non avrà più la sensazione che la responsabilità sia dilata tra tutti i presenti e soprattutto avrà ben chiaro in mente che è la situazione a cui sta assistendo è grave e che qualcuno ha bisogno di aiuto.
Questo principio viene usato, ad esempio, nel protocollo per l’utilizzo del defibrillatore. L’operatore deve indicare una persona e dirle “Tu, chiama il 112!”.
Il fatto di essere chiamati in causa in prima persona e di dire esattamente di cosa si ha bisogno fa aumentare le percentuali di aiuto in maniera esponenziale.
Quindi tieni a mente questo consiglio, in caso di necessità potrebbe davvero salvarti la vita.
Ps: l’approfondimento di questi temi è una parte fondamentale dei miei corsi di difesa personale. Perché non c’è autodifesa senza prevenzione.
Se vuoi saperne di più o voi qualche informazione in merito contattami a eugenio@dojoshinsui.com