Sul kumite (il combattimento)

Lontano lontano nel tempo, quando il karate si praticava in silenzio nei piccoli dojo e l’allenamento era ritmato dal kime e dal ticchettio delle gocce di sudore sul parquet, esisteva una forma di kumite che oggi si sta perdendo, un kumitè dove due spiriti si incontravano sul tatami e si conoscevano profondamente

Introduzione al kumite tradizionale

Oggi ti racconterò di questo kumite, di un’arte che si sta perdendo nel tempo. Un’arte dove due anime si incontrano sul tatami e si conoscono nel profondo.

Il kumite tradizionale è più di una gara. È un rituale, una pratica in cui ci si conosce. Prima di tutto, impariamo a conoscere noi stessi.

Non si tratta solo di vincere. Si tratta di un incontro tra due spiriti sul tatami, un dialogo senza parole dove il sudore e il kime segnano il ritmo di questa danza antica.

Lo stage sul kumite tradizionale

Qualche anno fa ho organizzato uno stage per il gruppo dei “Pirati del karate” e gli iscritti alla mia accademia online. Non sapevo bene su cosa incentrare questo incontro, così ho fatto un sondaggio con varie opzioni.

Tra le scelte c’era quella di fare kumite tradizionale, il “kumite come una volta”. Con mia grande sorpresa, fu proprio questa l’opzione più votata!

Questo creò subito una divisione tra i partecipanti. Da una parte c’erano quelli entusiasti di praticare il kumite tradizionale. Dall’altra, un piccolo gruppo che non voleva partecipare per paura del contatto fisico e di farsi male.

Per me fu un grande dispiacere vedere questa paura. Perché, vedete, il karate è anche kumite.

Il karate senza lo studio del Kumitè che sia anche solo il Kihon Kumite beh è zoppo.

È vero che la pratica a vuoto è bella. I kihon sono utilissimi perché ci permettono di studiare il nostro corpo. I kata sono meravigliosi. Ma il karate senza lo studio del kumite è incompleto. Anche Funakoshi, che non era un grande fan del kumite, praticava forme di kumite prestabilito con i suoi allievi.

Quando si parla di kumite oggi, molti pensano a quello che si vede in TV o su YouTube durante le gare. È una forma di kumite bellissima, con atleti veloci e puliti nei movimenti. Fanno cose che una volta non si facevano, ed è davvero avvincente da guardare.

Ma non è quello che pratico io. Non è quello che ho insegnato in quello stage. E non è quello di cui vi parlerò oggi.

Come vi dicevo all’inizio, esisteva (ed esiste ancora, se vogliamo continuarlo a praticare) un altro tipo di kumite. Quello che mi piace chiamare “kumite come una volta” o kumite tradizionale. O meglio ancora, il kumite del karate-do.

Non è uno scontro fra due nemici ma è un incontro, un incontro tra due persone, due avversari che è diverso da nemici.

Questo è il cuore del vero kumite tradizionale: non uno scontro, ma un incontro tra due persone che praticano insieme.

La natura profonda del kumite tradizionale

Sai cosa significa davvero la parola “kumite”? Vuol dire “incontro di mani”, non “scontro”. Già nel termine stesso c’è una piccola ma grande differenza che cambia tutto.

Non nemici, ma avversari

Quando faccio kumite, non mi trovo mai davanti a un nemico. Non vedo una persona che odio o che voglio abbattere. Vedo un avversario, qualcuno che in quel preciso momento mi è “contro”, ma solo per il tempo dell’esercizio.

Non è una persona nemica nella vita. È solo qualcuno con cui avrò un incontro di spiriti sul tatami. Questa è una differenza fondamentale da capire.

Il kumitè come una volta è proprio un modo diverso di praticare è un modo forse più legato anche a dei tempi passati è una pratica più lenta è una pratica più pensata è una pratica più sentita

Le caratteristiche del kumite tradizionale

Il kumite tradizionale è un modo diverso di praticare rispetto a quello che vedi oggi. È:

  • Più lento
  • Più pensato
  • Più sentito

Nel kumite di una volta, avevi la possibilità di fare un punto e il primo che faceva punto vinceva. Questo si basa sul principio che nel karate, in teoria, un colpo ben assestato dovrebbe portare al KO.

Il valore del punto pulito

Se arriva un colpo pulito, quel colpo è da KO. Si fa un punto e si è finito. Puoi fare anche mezzo punto quando la tecnica arriva un po’ sporca ma comunque abbastanza bene.

Questa è una cosa molto importante: nel kumite tradizionale il punto deve essere pulito o solo un po’ sporcato, altrimenti non viene conteggiato. La pulizia del gesto è fondamentale.

Un’opportunità di conoscenza profonda

All’inizio, quando ti metti di fronte a un avversario, senti tensione, adrenalina e anche un po’ di paura di farti male. Ma con il tempo, quando inizi a prendere fiducia nelle tue competenze e in te stesso, le cose cambiano.

Capisci che puoi gestire quel combattimento, se non vincerlo, e tutto entra in una dimensione differente. Il kumite diventa una grandissima opportunità per:

  1. Conoscere te stesso
  2. Conoscere la persona che hai davanti

Dico sempre, in modo un po’ scherzoso, che ci sono solo due modi per entrare in intimità stretta con una persona: farci l’amore o combatterci insieme.

Sentire l’altro, conoscere se stessi

Nel kumite tradizionale impari a sentire l’altro e a muoverti con lui, non contro di lui. Ma per riuscire a fare questo, prima di tutto devi imparare a sentire e conoscere te stesso.

Quando salgo sul tatami e faccio il saluto, devo chiedermi: ho paura? Perché non voglio affrontare questa pratica? Cosa smuove in me?

Spesso scopriamo che non è l’avversario a essere più forte di noi, ma siamo noi che ci facciamo fregare dalla nostra testa. Ecco perché il kumite tradizionale è un viaggio di scoperta interiore, prima ancora che una sfida con l’altro.

Affrontare le proprie paure nel kumite

Io dico sempre in maniera un pochino scherzosa che come dire ci sono solo due modi per entrare in intimità stretta con una persona: una è farci l’amore e una è combatterci assieme

Per me la paura era un grande freno. All’inizio non amavo fare kumite. Se devo essere sincero, ancora oggi non lo amo. Non perché non mi piaccia, ma perché quando lavori sul kumite si attivano tante cose che ti mettono in allerta. Ti creano un leggero stato di disagio.

La sensazione prima del kumite

È come quel fastidio che senti prima di salire sulle montagne russe. O prima di fare un tuffo da un punto alto nel mare. Poi però, quando sei dentro, sei felice. Per me è sempre così, non importa se pratico con una cintura bianca o con un maestro esperto.

Col tempo ho scoperto una cosa. Pensavo di aver paura dell’avversario. Paura di farmi male. Paura di non essere abbastanza forte o di non saper reagire. Ma poi ho capito che queste paure me le creavo da solo.

Fare pulizia mentale

Se entri nel kumite dopo aver fatto “pulizia mentale”, tutto diventa più semplice. Puoi “surfare l’onda” in modo sereno. Quello che deve succedere, succederà. Ma alimentare la paura di certo non aiuta.

Anzi, la paura diventa un’arma potente per il tuo avversario. Il primo passo è proprio questo: affrontare le tue paure. Devi capire cosa ti fa tanta paura, cosa ti mette a disagio, perché questa pratica ti sembra così difficile.

Lavorare su noi stessi

Spesso dobbiamo lavorare su noi stessi perché le nostre paure e insicurezze vengono da altro. Sono frutto di cose vissute che hanno poco a che fare con l’esercizio stesso.

Quando finalmente riusciamo a lavorare su noi stessi e ad affrontare il kumite con più calma, iniziamo a conoscerci meglio. Tocchiamo parti di noi che non possiamo lavorare quando pratichiamo solo kata e kihon. Quella parte emozionale non ci sarà mai in quegli esercizi.

Un’opportunità da non perdere

Quando abbiamo fatto lo stage, mi è dispiaciuto molto che alcune persone non volessero venire solo perché c’era la pratica del kumite. Non per il luogo, non per il giorno o gli orari. Solo perché “io il kumite non lo faccio”.

Ragazzi, vi perdete una parte importante della vita! Prima o poi vi capiterà di dover affrontare cose simili. Se ne facciamo esperienza in un contesto protetto, dove non può succederci niente di terribile, è molto meglio che trovarsi a dover domare un cavallo selvaggio senza averci mai provato prima in un recinto.

Quindi, se vi dovesse capitare, non tiratevi indietro. Buttatevi e fate questa esperienza. Almeno una volta.

La magia del kumite tradizionale

La magia del kumite tradizionale

Quando riusciamo a vivere il kumite in modo più sereno, iniziamo a capire la sua vera essenza. Il trucco, il bello del kumite è che diventa come una danza con la persona che abbiamo di fronte.

Entrare in sintonia con l’avversario

Per ballare questa danza, dobbiamo entrare in grande contatto con il nostro avversario. Dobbiamo sentirlo, percepirlo, capire la sua energia. Sentire come tiene il tatami. È un incontro silenzioso ma carico di significato e di emozioni.

In quel momento ci rendiamo conto che nel kumite c’è molto di più rispetto al dare calci, pugni e portare a casa punti. Diventa uno studio profondo di noi stessi e dell’altro. Ci permette di entrare in sintonia con chi abbiamo di fronte.

Certo, alla fine sarà sempre un combattimento dove uno dei due prevarrà. Ma il percorso per arrivare a quel punto ci insegna tantissimo.

La magia che accade

A un certo punto tutto rallenta sembra che il tempo si dilati quei tre minuti diventano lunghissimi ma anche I movimenti diventano molto più lenti, molto più smooth

Quando impariamo a gestire noi stessi e a entrare in sintonia con l’altro, succede qualcosa di magico. Non so se vi è mai capitato, ma vi auguro che vi succeda almeno una volta nella vita.

Tutto rallenta. Il tempo sembra dilatarsi. Quei tre minuti di combattimento diventano lunghissimi. Anche i movimenti sembrano più lenti, più fluidi. Vi rendete conto di poter fare cose che non avreste mai pensato di riuscire a fare. La vostra percezione cambia completamente.

Questa è la vera magia del kumite tradizionale, ed è per questo che secondo me andrebbe ancora praticato oggi.

Un approccio diverso

È una pratica lenta, quasi più psicologica che fisica. Nel kumite tradizionale c’è il contatto controllato – il contatto c’è, deve esserci per creare la giusta tensione.

Ma è qualcosa di completamente diverso dal kumite sportivo. È più statico. Non posso permettermi di fare movimenti azzardati perché rischierei troppo. Devo trovare il momento giusto per entrare e portare a casa quel punto, perché ho solo una possibilità. Se la gioco male, la offro al mio avversario.

Consigli per provare

Vi suggerisco, da persona con un po’ più di esperienza sul tatami, di provare questa esperienza. Mettetevi lì sapendo che avete un solo punto da portare a casa. Il primo che fa punto vince. Questo vi mette in una tensione completamente diversa.

Provate a non saltellare, a non fare mosse acrobatiche o spettacolari. Lavorate su tre o quattro tecniche pulite, quelle che vi fanno portare a casa il punto vero. Quelle che, in una situazione reale, sarebbero più efficaci.

Lavorate sulla respirazione, sugli sguardi, sull’entrare in contatto con la persona che avete davanti. Sentitela. Fate i vostri esercizi di kumite per riuscire ad arrivare a questo stato. Vi posso garantire che cambierà moltissimo la vostra pratica e il vostro approccio al kumite.

So che questa pratica, essendo più statica, potrebbe piacere meno ai più giovani. Ma vi apre davvero un’altra dimensione. Se avete paura o la sentite lontana da voi, non importa. Buttatevi! Se volete crescere come praticanti e come esseri umani, l’unica cosa che potete fare è buttarvi in ciò che vi fa paura e farne esperienza.

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Eugenio

Dal 2009 Eugenio Credidio contrabbanda karate autentico ad Alessandria e nel web e insegna a riconoscere, prevenire e combattere la violenza. Oltre al sui dojo di Alessandria gestisce il canale YouTube di karate tradizionale più seguito d'Italia. Ha ideato il metodo di autodifesa Urban Budo che è stato riconosciuto dal CONI nel 2019. Nel 2013 ha pubblicato assieme al Maestro Balzarro, "On the road" per la OM edizioni e, nel 2020, "Passeggiando per la Via - Storia, riti e gesti del karate".

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