Gichin Funakoshi diceva che “Il karate è un’arte marziale estremamente raffinata”.
Perché “raffinato”? Cosa avrà di tanto raffinato uno stile di combattimento con pugni, calci, ginocchiate e gomitate. Riflettere su questa affermazione apre però nuove prospettive e approfondimenti sulla nostra pratica quotidiana. Il padre del karate moderno, ci insegna a vedere oltre la superficie, a riconoscere il processo di perfezionamento continuo. L’arte raffinata consiste nel togliere le impurità, nel levigare ogni imperfezione fino a raggiungere la massima eleganza e precisione.
Il processo di raffinatura nel karate
Pensiamo per un momento a come pratichiamo il karate. Ci mettiamo di fronte allo specchio, ripetendo tecniche, analizzando i nostri movimenti per migliorare costantemente. È un processo paragonabile a quello degli alchimisti che cercavano di trasformare il piombo in oro. I Karateka nei loro Dojo/laboratorio, attraverso la pratica, cercano di convertire movimenti grezzi in gesti puri, eleganti, efficaci.
La raffinatura implica scavare in profondità dentro di noi, alla ricerca delle ragioni per cui un movimento non è perfetto. Prendiamo il kibadachi, la posizione del cavaliere. Se non riesci a mantenere i piedi dritti, le ragioni possono essere varie: una comprensione incompleta della posizione, mancanza di flessibilità della caviglia, debolezza muscolare, o un insegnamento che non ha mai posto il giusto accento su quella sensazione corretta.
Esplorare oltre la tecnica: domande e riflessioni
Non è semplicemente una questione di allenamento fisico, ma di comprendere e affrontare le nostre limitazioni e difficoltà. Ogni dubbio, ogni errore porta a nuove domande: perché non riesco a gestire la respirazione correttamente? Perché un determinato kata mi risulta difficile? Ogni risposta apre nuove porte, nuovi strati di comprensione, affinandoci non solo come praticanti di karate, ma come persone.
Così come un orologiaio svizzero lavora sulla precisione dei meccanismi, noi lavoriamo sulla precisione dei nostri movimenti. Questo continuo affinamento ci permette di esplorare e migliorare non solo le nostre capacità tecniche, ma anche la nostra consapevolezza interna, la conoscenza di noi stessi. Capire il proprio corpo, comprendere dove risiedono le nostre imperfezioni, ci permette di accettarle o di lavorare su di esse per avvicinarci alla nostra miglior versione.
La perfezione come obiettivo irraggiungibile
La ricerca della perfezione è infinita; c’è sempre un dettaglio che possiamo migliorare. Tuttavia, questa continua ricerca non deve essere vista come una lotta contro le nostre imperfezioni, ma come un viaggio verso una maggiore consapevolezza e apprezzamento delle nostre capacità. E qui risiede la meravigliosa umanità del processo: accettare le nostre imperfezioni ci rende unici e speciali.
L’arte del karate, quando affrontata con questa mentalità, ci insegna molto di più del semplice combattere. Ci insegna l’importanza della pazienza, dell’umiltà e della dedizione. E proprio come nell’alchimia, l’obiettivo non è trasformare il piombo in oro, ma crescere attraverso il processo di trasformazione.
Ricordate, la strada verso la perfezione è lunga e forse non finisce mai, ma proprio in questo viaggio risiede la vera essenza e bellezza del karate. Buone vacanze e che la luce del Natale vi accompagni lungo tutto l’anno.
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