Seguo Rick da un po’ di anni ormai e molto spesso, nei suoi podcast e nei suoi video, ho trovato molti punti di contatto tra il suo pensiero e il karate (e le arti marziali in generale) per come le vivo io e ho pensato potesse essere interessante affrontare con lui temi come l’orientalismo, la filosofia del samurai e l’approccio alla pratica.
Eugenio [00:00:00]:
Rick questa è una puntata carica di tensione per me perché io in realtà ho 350 argomenti di cui vorrei parlare con te, mi sono scritti tutti qui, li ho anche passati I tuoi collaboratori che immagino siano impalliditi e quindi me la devo giocare bene, ti devo ingolosire così magari riesco a portarti a essere presente ad altre puntate perché nonostante possa sembrare lontano quello che fai tu, I argomenti di cui parli tu rispetto a quello di cui mi occupo io, in realtà io credo che ci siano tanti tanti punti di contatto e sono veramente molto felice di poterne parlare con te e grazie per essere qui a Caratepedia. Grazie a te per l’invito,
Rick [00:00:47]:
In realtà penso come verrà fuori dalla chiacchierata, gli argomenti non sono assolutamente così distanti, perciò cominciamo dai.
Eugenio [00:00:55]:
Faccio un attimo gli onori di casa perché non so quante persone, spero tante, ma non so quante persone del canale ti seguono e sappiano un pochino chi 6. Rick è una persona che vive e lavora nella filosofia, quindi è un animale mitologico e già solo per questo è un piacere averlo qui. Lui è decisamente conosciuto per il Deilicogito, per il suo programma giornaliero, io l’ho conosciuto anni fa e in realtà subito ho avuto un po’ di attrito nei suoi confronti per un bias che si chiama deficienza, è un bias cognitivo il mio che si chiamava deficienza perché ti ho conosciuto tramite una persona che lavorava nello stesso settore per la quale non provavo una particolare stima, ho avuto la pessima idea di sovrapporti a quella persona lì E poi però come cerco di fare spesso ho cercato di andare oltre diciamo la prima, la prima opinione ecco e di approfondire un po’ e ho trovato una persona con cui mi trovo molto affine anche perché Rick a parer mio ha il grande valore del non darci una verità rivelata, ma del cercare sempre di mettere in dubbio le cose di cui parla, di cercare di portare le persone a dei ragionamenti personali e questo a oggi non è assolutamente di moda, anzi, spesso le persone non cercano quello e chi fa un lavoro come quello di Rick diciamo decisamente di moda e credo che possa arricchire davvero tanto le persone. E poi Ric è stato un marzialista, o sbaglio?
Rick [00:02:38]:
No, non sbagli, non sbagli. Fino a che il mio ginocchio non ha deciso di implodere su se stesso, ho fatto per svariati anni insomma arti marziali, è un mondo che mi ha sempre attirato tantissimo, direi che è stato anche un mondo che mi ha avvicinato poi a quella che è la filosofia di stampo orientale, anche se parlare di filosofia magari è un po’ improprio, però insomma per quel pensiero orientale che poi si incarna nel marzialismo, perciò sì, è stata una passione per un bel po’ di tempo.
Eugenio [00:03:06]:
Ho l’idea che facessi qualcosa sul cinese andante.
Rick [00:03:09]:
Allora, io tieni conto che ho fatto svariate cose. Ho fatto parte di una scuola qui dalle mie parti, il cui maestro era molto poliedrico e quindi faceva svariate discipline e io non solo così, anche con altri, ho avuto l’approccio e direi che ne esploro tante. Quindi ho fatto alcuni anni di Jiu Jitsu, poi ho fatto Taekwondo visto che avevo anche dei parenti che facevano campionati a livello nazionale quindi mi sono appassionato un po’ il Taekwondo, l’ho fatto per un po’ di tempo, dopodiché ho fatto ovviamente insieme al Jiu Jitsu poi è venuto fuori anche il Judo ovviamente, cioè nel senso alla fine sono 2 mondi che si completano a vicenda. Poi dopo che mi sono distrutto il ginocchio per un po’ di tempo ho cercato di mantenere un contatto con le arti marziali, ho fatto Yose Kambudo che era diciamo una cosa che richiede meno presenza sulle gambe, mettiamola così per dirla, che poi non è proprio così però insomma.
Eugenio [00:04:10]:
Cioè Yosei Kabuto non lo conosce quasi nessuno.
Rick [00:04:14]:
Io l’ho fatto per un po’ di tempo fino a che non ho capito che in realtà col mio ginocchio malandrato in realtà non avrei potuto veramente farlo come come volevo. Quindi queste sono state le cose che ho fatto principalmente. Poi in mezzo ho fatto anche Krav Maga per dirti cioè nel senso a me interessava ecco a me è interessato un po’ lo spettro e la diversificazione per capire un po’ le basi di tutte, perché poi alla fine ho sempre avuto questa cosa, mi piaceva il pensiero dietro la pratica. Quindi questo mi ha fatto spaziare un po’ negli anni.
Eugenio [00:04:49]:
E questo è molto bello perché purtroppo nelle nostre discipline spesso diventano un po’ delle religioni, no? Tu devi assolutamente seguire quella disciplina lì e quel maestro, poi c’è tanto la cultura del maestro con cui ho combattuto quotidianamente e se inizi invece ad esplorare altro 6 uno sporco traditore, vieni messo nell’angolo, picchiato col silicio, ti fanno le tue parole e ti tolgo la parola. E invece fare secondo me uno studio diciamo anche comparatistico, quindi andare a vedere, perché poi il SEME probabilmente è lo stesso, non sappiamo bene in realtà com’è nato tutto, però ci sono tante teorie, però il SEME probabilmente è stato lo stesso e poi hanno preso tante strade diverse e vedere, andare ad esplorare. Io, anch’io, ho avuto un approccio e ho tuttora un approccio molto poliedrico e dico sempre che poi nelle altre discipline trovo per esempio il carattere perché ci sono tante cose che rimandano sempre a quello. Ah bene bene bene, beh comunque…
Rick [00:05:48]:
Su questa cosa, perché hai detto una cosa che secondo me è molto interessante, il seme comune, ok, è una cosa su cui io mi sono molto interrogato e mi sono dato questa risposta. Il seme comune delle arti marziali è quello che io chiamo adattamento attivo, cioè in fin dei conti ciò che accomuna tutte queste discipline per il modo in cui l’ho vissuto io è proprio il fatto che ti insegna ad adattarti alla situazione in modo attivo, cioè nel senso fisicamente andando incontro a ciò che in un certo caso ti avversa, mettiamola così, e cercando la risposta migliore di adattamento. Questo è anche un approccio poi mentale se ci pensi, diventa un approccio mentale, diventa l’approccio a non essere l’aggressore in un certo modo, non essere colui che vuole che il mondo si adatti a lui ma essere il contrario. Questo è un po’ quello che io ho vissuto e che mi ha insegnato molto ecco il marzialismo.
Eugenio [00:06:48]:
È molto vero anche da quella che è la mia esperienza. Secondo me anche proprio l’allenamento a 360 gradi ha un po’ questo dovrebbe o meglio avere un po’ questo obiettivo qui cioè tu tramite l’allenamento che sia quello diciamo di fitness o quello delle arti marziali, tu fai sì che il tuo corpo impari ad adattarsi a quello che succede, sia pronto a reagire ma non a reagire in senso violento, ma proprio a trovare una soluzione rapida allo stimolo esterno che sta accadendo. Ed è una cosa che purtroppo negli anni ho visto che piace sempre un po’ di meno, nel senso che comunque questo tipo di approccio richiede fatica, richiede uscire da quelle famose zone di comfort, richiede mettersi in gioco e se negli anni, io sono tuo coetaneo, ho iniziato che avevo 7 anni nel 94, se negli anni 90, primi 2000 era una cosa molto ricercata e pian piano si sta sempre tirando un po’ il freno a mano, a meno che non entri in determinati ambiti che alle volte però hanno magari anche un po’ delle deprive, non so come dire, forse troppo alla rambo, diciamo così, cioè spingono molto su quel lato lì. E questo è un dettaglio, perché le persone stanno tendendo un pochino appunto a mettergli lì in barca, da quel punto di vista.
Rick [00:08:03]:
A questo credo sia legato un po’ al fatto che comunque siamo in un momento di grande incertezza e così come le persone vedono con sospetto il dubitare, le persone vedono con sospetto l’adattarsi. Cioè l’aggressività in ogni senso, sia fisico che intellettuale, se ci pensi è una risposta facile all’incertezza. Quindi in un’epoca come la nostra in cui l’incertezza non è più vissuta come un’opportunità ma come un soppruso, le persone tendono a guardare più il lato aggressivo delle cose perché questo le illude di essere meno fragili. Da questo punto di vista il pensiero comune che proprio avvicina la filosofia dell’arte marziale è proprio quello della capacità di dare corpo all’incertezza, appunto attraverso l’adattamento, attraverso il dubbio, attraverso la domanda. Questa è una cosa che ormai sfugge tantissimo in ogni ambito.
Eugenio [00:09:08]:
È vero, nel momento in cui comunque dovrai fare determinati esercizi tu ti metti a tutti gli effetti in una situazione di totale incertezza, perché non sai come reagisce il compagno, non sai quello che succederà e tutto quello che puoi fare è fluire, cioè cercare di muoverti assieme a lui, capire quello che sta cercando di fare e trovare una risposta rapida. E in merito a quello che hai detto, tra l’altro, non so se, questo in realtà è un argomento di cui mi piacerebbe parlare eventualmente un’altra volta, però mi hai lanciato il sasso, devo raccogliere assolutamente, si sta creando proprio, ne ho anche parlato in una puntata, tra l’altro ho fatto una cosa, uno shitstorm della Madonna, si sta creando proprio per il mio una sorta di divisione fra chi pratica determinate discipline come queste con un certo atteggiamento e chi invece le pratica proprio con come dire la ricerca o dello sfogo dell’incontro con la violenza, quasi come se appunto questa cosa qui desse più possibilità di gestire la vita o di essere pronti alla qualunque. Addirittura ci sono quasi 2 fazioni contrapposte, cioè chi vive sul tanto non succederà mai niente, ma non capiterà mai nulla, la vita è sempre così, andrà sempre su questi binari qua, non ci saranno mai problematiche, non dovrò mai trovarmi a dover reagire a qualsiasi cosa, che poi può essere anche semplicemente un periodo complicato, una malattia o altro, non per forza di cose un’aggressione vera e propria, a chi invece opta per il io devo essere così pronto che vado a cercare l’estremismo e anche forme diciamo di forse più violente, più estreme di pratica.
Rick [00:11:00]:
Assolutamente, hai descritto 2 forme di disequilibrio. Da un lato il disequilibrio di chi dà per scontate le condizioni attuali e in qualche modo pensa che la sua condizione di attuale serenità, pace, riposo sia data, naturale, in realtà non è così, lo sappiamo perfettamente. Dall’altro chi invece vive il disequilibrio del dover sempre prendere il controllo della situazione. Sono 2 forme di squilibrio e sono I motivi per cui poi è così difficile rimanere in equilibrio, perché poi in realtà rimanere in equilibrio significa dal mio punto di vista prepararsi nel momento in cui le cose non andranno come vanno ora. Cioè io ho una cosa su dei ricogiti che ripeto spesso, usa I periodi di serenità per prepararti alla scarsa serenità, usa I periodi in cui stai bene per immaginare a cosa farai quando non starai più bene. E quello è un buon equilibrio. È difficile da trovare, anche perché poi è un equilibrio sempre contrastato da questi 2 disequilibri che in realtà purtroppo stanno sempre prendendo il sopravvento. E Su cui forse qualcuno ci inizia anche un po’ a marciare.
Rick [00:12:20]:
Però, al
Eugenio [00:12:20]:
netto di questo, in realtà oggi avrei piacere di parlare con te dell’Oriente dell’orientalismo, che è insomma, penso sia un bel argomento, è un fenomeno che in realtà non è nuovo, nel senso che anche in antichità c’è sempre stata questa grande fascinazione dell’Oriente. E prima di tutto vorrei chiederti, secondo te, perché noi occidentali siamo così affascinati, così carrapiti dall’Oriente e dalla cultura orientale, alle volte andando addirittura a sdiminuire forse quella che è la nostra cultura, la nostra tradizione culturale.
Rick [00:12:55]:
Allora, è una domanda complicata questa perché prima di tutto io non credo che siamo così innamorati dell’Oriente e cerco anche di dire in che modo. C’è una fascinazione per tutto ciò che è esotico. Cioè, capiamoci, se entri in libreria e chiedi a un libraio quali sono I libri che vengono di più, lui ti dice che è New Age orientalista. Però quello non è Oriente. Quello è l’immagine che una serie di autori un po’ furbaste hanno voluto creare dell’Oriente per convincerti di cose sceme. Cioè vorrei essere molto chiaro in questo. C’è questa fascinazione molto superficiale legata a tutto ciò che è esotico e questo non vale solo per l’Oriente, vale un po’ per tutto. Uno degli effetti del benessere dell’Occidente è il fatto di dare per scontato il nostro benessere e quindi cercare anche qualcosa di diverso, perché a noi ci piace qualcosa di diverso e quindi c’è questo esotismo che serpeggia e superficiale, un po’ fricchettone,
Eugenio [00:13:59]:
un po’
Rick [00:14:00]:
stupidotto, che si lega alle cose new age, alle cose un po’ manipolative, mettiamola così. L’avvicinamento all’Oriente è un’altra cosa. L’avvicinamento all’Oriente è intanto molto faticoso perché è una mentalità veramente veramente diversa dalla nostra, sotto tanti punti di vista. E poi ti richiede anche, diciamo così, un’apertura mentale che, proprio per quella diversità, non tutti sono disposti ad avere. Quindi la mia prima risposta sarebbe che non vedo così tanto fascino se non per un’immagine molto superficiale dell’Oriente. Infatti credo che il mondo occidentale che più si avvicina all’Oriente è proprio quello degli arti marziali. Perché? Perché c’è una pratica e quella pratica bene o male ti avvicina, però sappiamo bene che anche nell’arte marziale quel fricchetonismo è molto molto molto presente. Ok quindi ecco, non credo che siamo così tanto affascinati dell’Oriente, credo che ci siamo fatti un’immagine molto occidentalizzata dell’Oriente per convincerci di avere la mente molto aperta.
Rick [00:15:02]:
Questo è un po’ quello che mi sembra.
Eugenio [00:15:04]:
Mi fa molto convidere l’idea di affiancare il fricchetonismo alle arti marziali perché penso a tutta una serie di figure, no? Dei maestri. Pensarli in versione fricchetona mi fa sorridere.
Rick [00:15:19]:
Ma guarda che… Guarda che… Cioè nel senso io nella mia vita ho scoperto che il fricchettonismo è molto molto molto più presente in quella porzione di super uomini che non invece… perché è quello che diciamo prima, nel senso che spesso diventa una maschera che cerca di nascondere qualche fragilità, qualche insicurezza e quindi questa è una roba terribile dal mio punto di vista. E’ anche uno dei motivi per cui io poi non mi sono mai addentrato così tanto a fondo in nessuna disciplina in sé per sé perché mi accorgevo che appena tu fai il secondo step dentro, tu trovi questa gente qua, cioè 6 duri e puri fino in fondo e poi magari schiangono in doccia mangiando biscotti tutta la sera, capito? Cioè si cerca del bambino interiore. Quindi… Che
Eugenio [00:16:09]:
immagine devastante! Ma purtroppo, purtroppo, vedi Tiera, Purtroppo spesso c’è mancanza di coerenza fra l’insegnante e o meglio l’immagine che l’insegnante dà di sé e poi quello che è realmente la persona. Ma lo vedi anche nella sua fisicità, cioè io conosco un sacco e non me ne vogliate, cioè veramente non è un giudizio sulla corporeità di nessuno, però conosco un sacco di insegnanti che predicano 3000 allenamenti alla settimana e cose estreme, poi sono mediamente sovrappeso, non riescono a fare le scale e mangiano ogni sera come se fossero la grigliata di Ferragosso. E quindi ecco, in effetti, manca molto questa coerenza. E tra l’altro hai fatto centro nel senso che è vero, Fascinazione dell’Oriente forse è molto lusinghiero, nel senso che nel nostro settore ci sono quei 3 o 4 libri o quei 3 o 4 autori o quello che è, che vengono passati un po’ come se fossero I testi sacri del settore e sono, alle volte, libri o meglio, danno la percezione di essere testi facili perché io credo, poi non so se tu condividi questa cosa qui, che alle volte, mentre nel momento in cui tu inizi magari a leggere le storie zen o qualche testo inerente a queste cose qua, tu ti trovi con dei testi diciamo facili da sbocconcellare in apparenza, poi ovviamente se vuoi andarci dentro no, devi rimetterti lì col piccone e lavorare. Però ti danno anche un po’ quell’idea di saggezza preta por te, no? Che però, di cui poi però si riempiono appunto le bocche senza magari poi averli compresi appieno. E quello che a me dispiace molto è che in questi ambienti di solito c’è, e ragazzi io questo lo dico proprio a cuor sereno, c’è una sorta di snobbismo invece in tutto quello che è la cultura occidentale, al punto che c’è sta cosa che noi occidentali siamo sempre superficiali e gli orientali invece hanno il terzo occhio sempre aperto, riescono a vedere sempre tutto in maniera diversa che poi anche lì se vai a guardare nello specifico le culture orientali non è che poi se la passino proprio bene anche l’Ottoro, c’è il mito dell’India, mi sembra che l’India sia uno dei paesi in cui c’è un maggior numero di violenze su bambine e cose di questo tipo. Qui, ora, senza fare ovviamente di tutta l’erba un fascio, non credo che un popolo così illuminato avrebbe dei numeri così alti. Io però nel tempo, questa è una suggezione che ti faccio forse un po’ arredita, ho trovato dei punti di contatto fra quello che è un determinato pensiero orientale e quello che è anche un determinato pensiero occidentale.
Eugenio [00:19:09]:
Cioè te la butto lì e adesso partiranno degli insulti nei miei confronti. Secondo te, pacati, ma I insulti, secondo te potremmo dire in maniera molto bonaria, ok, molto molto bonaria, che gli stoici, per esempio, potrebbero essere la forma occidentale del zen?
Rick [00:19:31]:
Allora… Anche qua, questione complicata, meriterebbe un intero corso di filosofia per essere rispettata nella sua complessità. Provo a dare uno spunto. Partiamo dal presupposto che punti di contatto fra la tradizione filosofica occidentale e il pensiero orientale ce ne sono tanti, pur in contesti diversi, pur sotto forme assolutamente inconciliabili, però ce ne sono tanti. Ci sono punti di contatto anche fra gli stoici e il mondo orientale, ma non credo che sia lo stoicismo il punto di maggior comunanza fra I presupposti del pensiero marzialista e l’Occidente, Perché io credo che lo stoicismo, e io sono un grandissimo, un grandissimo sostegno, anzi la mia filosofia è una filosofia di stampo neostoico, quindi c’è, non c’è dubbio del fatto che io abbia un’enorme stima di questi autori, però in questi autori c’è già un ammorbidimento nei confronti di certi temi che in precedenza invece era molto più simile. Ti faccio un esempio. Una delle frasi secondo me più, che come dire, determinano meglio una comprensione del pensiero orientale, l’ha scritta Giorgio Colli nel 1960 in un suo libro, in cui a un certo punto descrive l’Eupanishad, che comunque sono alla base di una buona parte dello sviluppo del pensiero di tutta la filosofia asiatica orientale, quando dice, e nelle Upanishad c’è un concetto che è il seguente, la verità cancella il suo scopritore, che è una frase fra le mie preferite della storia della filosofia, una frase così perfetta, così concisa, però così potente, ogni volta che la leggo mi lascia basito ok perché è proprio così se tu leggi le Upanishad ma non soltanto la Gakure quindi il codice del samurai il Tao Te Ching continua a ripetere queste cose qua Bushido continua a ripeterlo cioè è proprio persino nel libro tibetano dei morti c’è un eco di questo concetto. La verità cancella il suo scopritore.
Rick [00:21:42]:
Alla base di questa frase c’è il fatto che L’atto, l’azione, lo svolgimento della storia non tiene conto dell’ego, non tiene conto dell’io, non tiene conto delle identità, perché in fin dei conti la storia è un dipanarsi della storia e quindi le verità che uno scopre permangono, ma chi le scopre poi viene cancellato. Questo è un po’ il concetto che viene descritto ed è un concetto fondativo della filosofia orientale. L’estetica del vuoto, tutto quello che ne concorre, insomma, è una cosa importante. Ecco allora che mi viene da dire che gli stoici un po’ questa cosa gialla l’avranno in parte perduta, cioè per lo stoico il concetto di identità individuale, il principio direttivo di Marco Aurelio è ancora una cosa veramente fondamentale anche in Seneca. Seneca dà un’enorme importanza all’identità. Seneca già ormai da romano parla dell’anima individuale, quindi parla di un’entità individuale, astratta ed eterna, che sopravvive al corpo, cosa che ovviamente non si concilia bene con invece il pensiero orientale delle Upanishad e di tutti quei testi che ho giocato, di questo concetto della verità che cancella lo scopritore. Ecco allora che secondo me il punto di contatto più interessante che c’è tra occidente e oriente sia proprio nell’epoca pre-socratica. Per me il pensatore più vicino che esprime concetti più vicini ai testi fondativi del pensiero orientale è Eraclito.
Rick [00:23:10]:
Quando tu leggi Frametti di Eraclito trovi una comunanza incredibile fra quello che lui scrive e quello che trovi nelle Upanishad, fra quello che lui scrive e quello che trovi nelle Upanishad, fra quello che lui scrive e quello che trovi nei Pensatori e questo è bello scoprirlo perché significa che al principio nella genesis del pensiero orientale e occidentale c’era comunque un sentire comune rispetto a quello che si trova dall’altra parte del mondo, un mondo che non era entrato in contatto con la Grecità. Questo è veramente meraviglioso da scoprire. Quindi ecco, ti direi che la filosofia c’è di tanti punti di contatto, quello però originario è il punto di contatto. Su questo hanno speso molte parole Schopenhauer e Nietzsche, che hanno perfettamente ragione, sono I pressocratici, I pensatori più vicini all’Oriente, e poi è molto bello vedere come l’Oriente ha sempre avuto una linea di pensiero molto molto coerente, di cui infatti conosciamo pochi autori se ci pensi. L’Occidente invece ha fatto questa enorme deviazione, che è la storia della metafisica, con il cristianesimo e tutto quanto, che ovviamente ci ha portato distantissimi da quel pensiero, comunque sempre con qualche punto di contatto.
Eugenio [00:24:26]:
A parte che mi piace un sacco perché torniamo sempre al discorso del seme diciamo di partenza, al Seme Comune e lì penso si potrebbe parlare per ore, tiriamo fuori anche Campbell se vuoi e via dicendo. Però adesso che hai detto questa cosa, in effetti a pensarci mi è venuto in mente che conosco, io posso parlare della disciplina che conosco di più, quindi del karate, ma se non sbaglio, ma anche per le altre discipline il discorso è simile, noi non abbiamo, in realtà non abbiamo I testi dell’origine, ok? Cioè noi non abbiamo assolutamente idea, non c’è niente di scritto che è stato passato, non c’è niente che fissa nella storia I primi insegnanti, I primi maestri e via di cedo. A un certo punto, circa nel fine 800, inizio 900, arrivano I capi scuola perché il Giappone stava cambiando e sono successe tutta una serie di cose. Ma fino ad allora noi non sappiamo chi furono I primi maestri, I secondi maestri, eccetera eccetera. Questo tesoretto veniva passato appunto di allievo in maestro e I maestri, come dicevi tu, morivano nel senso che venivano cancellati dalla storia e poi però l’eredità perpetuava, passava di generazione in generazione. E questa cosa qui si è persa tantissimo. Si è persa tantissimo perché in realtà ormai tutti vogliamo che il nostro nome sia ricordato, tutti vogliamo, I giapponesi stessi, cioè si fanno delle guerre intestine ormai, non è perché io sono il capo scuola, no, tu 6 l’Itigan, o sembrano I babilioni dell’alimentare, le volte creano federazioni su federazioni perché almeno il nome rimane e via dicendo. E questo, al di fuori dell’aver creato tutta una serie di problematiche comunque poi da gestire anche a livello stupidamente politico, ha un po’ fuscato, annebbiato, appannato ecco quello che alle volte è magari l’insegnamento della disciplina o I principi di base proprio della disciplina, andando a creare veramente delle micro 7, delle micro religioni e questo è un grande peccato.
Rick [00:26:52]:
Sì, sono d’accordo e questa è la deviazione, come dicevo, della metafisica, cioè in fin di conti noi a un certo punto della nostra storia, e anche se gli amici platonici mi vorranno male per questo ma non c’è nulla da fare per quanto io abbia enorme stima della sua opera inizia veramente molto con Platone. Con Platone forse a causa anche di una crisi politica del mondo greco si comincia a gerarchizzare molto di più l’accademia, si comincia ad avere questa necessità di ricordare più I nomi che le idee e a quel punto lì tutta la storia della filosofia occidentale diventa un Platone contro Aristotele, Agostino Contro Tommaso, Galileo contro Cartesio, Spinoza contro Cartesio ed è proprio la creazione di questo pensiero che dà più importanza allo scopritore che alla verità. Credo che questo abbia fatto molto male all’Occidente, credo che abbia fatto molto male alla nostra capacità di comprensione, credo abbia fatto molto male alla nostra capacità anche di trovare serenità. In fin dei conti, quando io leggo Leupaniciato, sono un testo che io amo tantissimo, è un pregno di saggezza, interessante come facevi notare prima il fatto che comunque la nazione da cui è nata questa opera straordinaria è una nazione sanguinaria, estremamente retrograda, chiusa, cioè parliamo della cultura indiana che ha dei problemi molto molto grossi. Però nel senso di questo è un’opera che continuamente ribadisce un concetto con cui io mi trovo perfettamente in linea, che la nostra infelicità deriva in grandissima parte dal voler sopravvivere al tempo e questo ci porta ad avere delle nevrosi, che io peraltro ho descritto nell’ultimo libro Dio era morto perché è un po’ quello l’argomento, come si fa a fidarsi del fatto che la storia procede per il meglio anche senza di me. Cioè in fin dei conti è una domanda che permane nella storia della filosofia occidentale e mentre in occidente abbiamo fatto questa deviazione tentando di affermare il fatto che in fin dei conti la mia anima, il mio nome, la mia identità è ciò che permane, l’oriente di questo se ne è sempre fregato. E aggiungo, io credo che sia sempre accaduto quello che tu descrivi, cioè che maestri combattono per avere il dominio e via dicendo. Non credo che l’individuo possa veramente farci nulla in questo, è che l’impostazione culturale ha permesso a queste lotte intestine di non essere ricordate, ma di essere ricordate invece l’idea che quelle lotte intestine partorivano.
Rick [00:29:32]:
Mentre da noi è successo l’esatto opposto, da noi le lotte intestine sono state ricolate nei nomi dei contendenti. Quando Nietzsche parla di questo parla proprio della deviazione della metafisica, cioè noi abbiamo fatto questo percorso lunghissimo. Adesso si comincia a vedere anche nella filosofia occidentale un ritorno a quei concetti antichi. C’è un filosofo di cui peraltro parlo nel Daily Kogito proprio uscito oggi, che si chiama Derek Parfit, filosofo britannico morto nel 2017 e lui ha costruito un’opera in cui cerca di ritornare un’idea di identità personale che è molto più in linea alla tradizione antica che non ha questa questa storia della metafisica. Quindi ci sono tanti punti di contatto, noi abbiamo secondo me perso la strada, cioè la storia della filosofia genetale mostra che abbiamo perso la strada,
Eugenio [00:30:24]:
anche l’Oriente può aiutarci a ritrovarla un po’. Sul discorso, anzi sulla diciamo suggezione che ti ho lanciato prima, sui discorsi stoici e del pensiero orientale e via dicendo, io avevo trovato in realtà… allora, premetto che parlo per gli imprimi la bocca, nel senso che purtroppo non li conosco abbastanza bene. 6 stato onestamente tu a farmi affascinare molto a Seneca soprattutto, che pian piano sto iniziando ad affrontare con le lettere da Lucilio, che sono tra l’altro fantastiche. E poi io avevo un po’ di, come dire, di voglia di tornare a rileggere cose che non leggevo da tempo e contemporaneamente ho iniziato a riprendere in mano l’Iliade, prima, fortunatamente prima, che me la suggerissi tu. In questi libri io comunque ho trovato e vorrei sapere se tu la condividi questa visione qua, dei punti di contatto, forse è più questo su cui volevo ragionare ecco, o meglio forse è più questo che ha I punti di contatto, dei punti di contatto fra quella che è la cultura del samurai come viene spesso poi peduta, diciamo così, e in questo caso quello che scrive Seneca o addirittura la visione dell’eroe all’interno dell’Iliade, nel senso che comunque c’è questa figura che è conscia del fatto che deve vivere un destino, che il destino è già stato scritto, tutto quello che può fare, come tra l’altro scrivi nel tuo libro, è affidarsi al destino e non combatterci contro, perché intanto non puoi fare niente contro il destino, e devi comunque prepararti al morire. Cioè il samurai era sempre quello che ogni giorno era pronto alla morte. Io in questo avevo trovato grande affinità. Secondo te è un’affinità che si può trovare oppure è un’affinità un po’ affettata, diciamo, nel senso traviata dagli occhi magari di una persona che vive tanto in questi 2 mondi e cerca dei punti di unione.
Rick [00:32:43]:
Allora hai preso 2 2 comparazioni molto distanti nel tempo e nello spazio, l’Iliade e Seneca, quindi stoicismo e pensiero omerico. Li analizzo differentemente perché sono 2 cose molto distanti da ogni punto di vista. Allora se io prendo l’Iliade, sì assolutamente, L’eroe omerico è una figura che per molti versi è assimilabile alla figura del samurai. Il concetto di gratitudine, quindi il fatto di essere grato a quello che mi accade e quindi qualsiasi cosa accada che mi venga salvata la vita o che io capiti in qualche trappola del destino in qualche modo questa è una sfida nei confronti della quale devo essere comunque grato devo provare gratitudine Questo è sicuramente un punto di contatto fondamentale che ha a che fare, come dicevi, con il concetto di destino. Accanto a questo ci sono tantissimi elementi. Non so, il culto della morte. Quindi l’idea che la morte sia un punto di passaggio fondamentale, che l’eroe, così come il samurai, deve affrontare a viso aperto. Non c’è dubbio che, come dicevo prima, visto che comunque parlavo di Eraclito e in fin dei conti il pensiero di Omero per molti aspetti è assimilabile alle visioni filosofiche di Eraclito, anche se siamo distanti di qualche secolo, ma comunque è quella la cultura e quella la mentalità, non c’è dubbio che ci siano moltissimi punti di comunanza.
Rick [00:34:12]:
Forse il punto di maggior distanza è proprio il tipo di presenza del divino, cioè il samurai nella Gakure per esempio si parla poco del divino perché è un pensiero molto immanente quello del samurai, mentre comunque nell’Iade l’eroe omerico è sempre esposto a queste figure che sono comunque figure molto riconoscibili, questa forse è la differenza più grande, però per il resto direi che c’è una grande assimilabilità. C’è un altro aspetto molto interessante che è analizzato da Simone Weil nel testo proprio sull’Iliade e sul pensiero greco. L’Iliade, che viene definito spesso il poema della forza, in realtà denuncia la forza come illusione di avere in mano il proprio destino. La stessa cosa la possiamo leggere nella Gakure, molto spesso nella Gakure, prendo la Gakure potrei prendere anche Bushido e altri testi fondamentali, la Gakure invece, allo stesso modo dice che non è mai l’atto di forza, non è mai l’atto di forza quello preponderante, quello fondamentale, ma è l’atto di accettazione, quindi in questo ci sono tantissime similitudini. Con il pensiero di Seneca invece siamo in un ambito secondo me molto molto diverso. Il punto di contatto più forte fra il pensiero di Seneca che mi hai citato e la filosofia orientale che attiene all’etica samurai è la meditazia mortis. Non c’è dubbio che Seneca continuando a ribadire il fatto di prepararsi a morire, stia comunque lanciando un messaggio molto simile a quello che troviamo nella Gakure, che è pieno pieno di momenti in cui gli è detto cioè alla fine bisogna prepararsi come se la morte fosse sempre presente. Io leggendo la Gakure ho comunque cognato una delle frasi più emblematiche che finora io abbia partorito nella mia filosofia, cioè la morte è ovunque intorno a te, sempre.
Rick [00:36:15]:
È una presenza, non è un evento che capita, non è un’eccezionalità, è la condizione stessa dell’esistenza. Tutto intorno a te, dentro di te, sta morendo. Tu stesso stai morendo. Infatti, cosa vuoi, ogni tanto, scherzosamente ma non tanto, quando qualcuno mi chiede come stai dice io sto morendo. Ma è esattamente così. Dobbiamo usarla poco perché la gente si angoscia. Ok però…
Eugenio [00:36:39]:
Oh prendio ma stai male!
Rick [00:36:41]:
Ma stai male? No ma anche tu stai morendo. Non preoccuparti va bene stiamo morendo e va bene così. Quindi al netto poi di queste battute d’estremizzazioni credo che il punto di contatto fondamentale tra stoicismo e pensiero orientale, pensiero diciamo filosofia samurai sia proprio questo della meditati omortis. In fin dei conti esistere significa imparare a morire. La pratica del samurai e la filosofia di Seneca hanno questo stesso scopo. Dopodiché, come dicevo prima, se io prendo un autore come Seneca è veramente molto distante da quel tipo di idea, da quel tipo di visione del mondo, non fosse altro per il fatto che Seneca era comunque molto ricco e lui non voleva che il suo papimono passasse a qualcun altro.
Eugenio [00:37:30]:
Perché comunque non è una, diciamo, un agghiurimento da sottovalutare. Curioso, adesso che parlavi del discorso del prepararsi alla morte, e comunque è una matrice molto presente nelle discipline orientali, Ancora oggi, oddio, forse negli ultimi anni, negli ultimi vent’anni, le discipline marziali, soprattutto quelle giapponesi, stanno molto spingendo verso l’aspetto sportivo, quindi stanno cambiando un po’ l’approccio a quello che è la pratica a 360 gradi, però se andiamo un pochino più indietro e soprattutto in quelle di matrice fortemente giapponese, perché già se andiamo su quelle più legate a Okinawa sono un approccio leggermente diverso, però il discorso dell’allenarsi, del prepararsi alla morte è molto molto presente. E’ curioso però che noi adoperiamo l’allenamento in realtà ad oggi in maniera completamente diversa da questo approccio qui, cioè l’allenamento oggi sta diventando invece un qualcosa che ti allontana sempre di più dal concetto di morte, cioè io mi devo allenare per, fuori di tutto un discorso che può essere di salute e via dicendo su cui poi si può anche aprire una parentesi, però a oggi è sempre più visto come un qualcosa che mi tiene lontano da il concetto di morte. Io mi alleno per rimanere giovane, io mi alleno per perché così non mi ammalerò mai, io mi alleno perché così il mio cervello rimarrà sempre attivo come quello di un ventenne, eccetera.
Rick [00:39:16]:
Poi ti prende sotto un bus, cioè capite.
Eugenio [00:39:20]:
Ma adesso zio, ho scivoli sulla cacca gincana, insomma possono esserci un sacco di morti indecorose che non avevamo preventivato. E questo si sta vedendo molto anche nelle discipline di matrice orientale. L’approccio proprio di allenamento e meditazione per riuscire a perpetuare la vita poi a tutti gli effetti, sta iniziando ad attecchire molto anche nel nostro settore. Secondo te è perché diciamo è una sorta di virus che ormai sta colpendo a 360 gradi la nostra realtà o c’è una motivazione diversa?
Rick [00:40:11]:
Ma allora, mettiamola così, oggi ogni attività, anche la più nobile viene portata avanti per occuparsi. Cioè, capiamoci bene, oggi noi non ci alleniamo per creare spazio, ci alleniamo per eliminare spazio. La stessa cosa vale con lo studio. Quante persone studiano filosofia per occuparsi di filosofia, quando invece la filosofia dovrebbe disoccuparti, l’allenamento dovrebbe svuotarti. Cioè tutto ciò che è una pratica, tutto ciò che è una pratica avrebbe lo scopo di svuotarti delle cose che ti occupano, ok? In questo sì, lo stoicismo è stato un pensiero molto rivoluzionario in Occidente, cioè in fin dei conti che tu legga poesia, che tu ti alleni, che tu stia facendo un dibattito, lo scopo per nobilitare il tuo animo è quello di svuotarti, cioè emendare, è una parola che io amo molto, ripulire, togliere di mezzo gli orpelli e proprio creare quello spazio necessario per sentire il tuo vuoto, ok? Perché dentro qua noi abbiamo un vuoto. Questa parola ci spaventa, ma è una parola reale. Questo vuoto è la cosa più intima che abbiamo. Non dobbiamo essere spaventati, dobbiamo familiarizzarci.
Rick [00:41:43]:
Ecco allora che l’allenamento, lo studio della poesia, della filosofia, qualsiasi pratica che voglia innalzare l’animo dovrebbe essere un’occasione di svuotamento, ovvero di contatto maggiore con questo vuoto interiore, che sia la meditazione o che sia appunto la lettura delle poesie di Walt Whitman, in realtà lo scopo di questo dovrebbe essere quello di svuotarci. Noi non facciamo questo, oggi ci occupiamo. Perché? Perché quando siamo in contatto con quel vuoto ci ricordiamo che siamo mortali, quando siamo in contatto con quel vuoto ci ricordiamo del fatto che non abbiamo il controllo, ci ricordiamo del fatto che siamo letteralmente affidati a un destino di cui sappiamo veramente poco. Ecco allora che ci occupiamo, allora usiamo esattamente quelle discipline così nobili, così sagge, così importanti, la poesia, l’arte marziale, la musica, per occuparci, quindi nel tentativo di riempire quel vuoto. E lì accadono solo I disastri, perché quando tu ti occupi smetti di conoscerti e quindi alla prima occasione in cui il vuoto che tu 6 farà capolino e tu andrai in panico completo e diventerai il peggior nemico di te stesso. Quindi sì oggi abbiamo questa distorsione, in realtà non credo sia oggi ma in realtà credo sia un po’ da sempre perché altrimenti appunto Seneca non avrebbe parlato, probabilmente oggi la differenza è che abbiamo tantissime cose con cui possiamo occuparci. Ma è proprio
Eugenio [00:43:12]:
un lavaggio mentale che ormai si fa da bambini. Adesso fortunatamente negli ultimi anni un po’ meno, ma perché secondo me ne ho mandati lunghi mai tanti, che forse si è sparsa la voce, ma io ho un sacco di genitori che arrivano da noi e ci dicono ma mio figlio ha ancora un’ora libera al pomeriggio, gli faccio fare o quando è? Io dico cazzo no. Hanno gli impegni come se fossero dei, non lo so, dei SEO di qualche multinazionale, è tutto… Incavirato, tutto… Fissato… Incavibile… Cioè no, almeno da bambini lasciateli liberi e invece no, fin da bambini devono avere tutti I pomeriggi occupate, tutte le ore occupate perché non possono semplicemente stare in camera o in cortile a giocare, a tirare la palla, a lanciare I sassi al muro, ad annoiarsi a qualunque cosa E quindi è una sorta di lavaggio mentale che poi ci portiamo avanti, gioco forza. Ma c’è anche tanto ormai la cultura, cioè se tu hai tempo libero, 6 come dire, se tu non hai tempo libero, se tu hai tempo per svuotarti, o se quello che fai viene percepito come l’occasione per svuotarti, tu stai buttando via il tempo, 6 improduttivo.
Eugenio [00:44:27]:
Ma stiamo scherzando? E quindi 6 una merda, perché non stai sfruttando il tuo tempo, non ti stai migliorando, non stai crescendo, non stai facendo, non lo so. E questo vera e vera è anche il disagio interiore, perché comunque poi ti senti in colpa, cioè tu ti guardi in giro, apri I tannati social o parli con chi ce l’ha fatta e dici cazzo no io non ci riesco perché non sono produttivo perché non ho il tempo perché mi prendo un’ora per non fare niente e guardare il buono.
Rick [00:45:00]:
E quella è la cosa peggiore. La cosa peggiore di questo è che poi alla fine tu ti metti a leggere Walt Whitman o ti metti a fare l’elemento di karate con lo stesso atteggiamento con cui faresti scrolling su TikTok. Quindi in realtà la disciplina nobile diventa disciplina impoverente. L’abitudine che ti potrebbe dare consapevolezza diventa abitudine che ti chiude ancora di più nell’inconsapevolezza quindi si entra in un circolo vizioso e la domanda a quel punto è ok ma cosa bisogna fare per uscirne? E lì la domanda è una domanda che attualmente io a cui non so rispondere perché la soluzione è l’opposto di quello che si fa, cioè prendere e dire ok io devo usare queste discipline per svuotarmi come dicevamo prima l’improduttività, la noia, l’attesa, il silenzio, queste sono tutte cose che noi cerchiamo di cancellare in ogni momento della vita, il vuoto. In realtà dovremmo renderci conto del fatto che cancellare quelle cose, oltre che essere totalmente impossibile, cioè ci illudiamo di cancellarle, in realtà bisogna perseguirle. Solo che ovviamente, come dico spesso, l’ascolto del vuoto non ti fa essere un buon consumatore. Ecco, vedi, la parola consuma è perfetta. Siamo consumatori di arti marziali, consumatori di poesia, consumatori di filosofia e questo è terribile.
Eugenio [00:46:33]:
È vero, hai completamente ragione, cioè un po’ anche il settore sta spingendo tanto su questa cosa qua, cioè a livello di business tu ormai poco e niente riesci ad ottenere magari diplomi di tecnici o cose di sto tipo qua, per cui per una volta ci volevano anni e anni e poi a livello proprio di pratica sta cambiando molto, cioè non ci sono più I tempi di attesa, tu una volta dovevi aspettare per poter fare certe cose. L’allenamento aveva una ritualità, adesso tu hai fatto discipline che hanno profondi legali con il Giappone, probabilmente ti ricorderai lo zarei, quindi il saluto completo a inizio lezione dove facevi il mokusoti per svuotare la testa, per allontanare tutto quello che hai fatto durante la giornata e prepararti all’allenamento, eccetera. Sono tutte cose che non si fanno più, non si fanno più perché devi stare in ginocchio e fa male ai piedi, perché è noioso, perché è ma c’ho un’ora e devo fare 300 cose in quest’ora, ma le cinture arancio fanno già quella roba lì nelle altre palestre. Ed è tutto a consumo, hai perfettamente ragione. Per non parlare poi del mantenimento del silenzio, di cui io non sono un grande, ammetto, un grande eraldo, nel senso che comunque tendo a creare un ambiente molto più rilassato rispetto a quello in cui sono cresciuto, però oggettivamente ci sono momenti in cui il silenzio è importante, sia coi bambini che con gli adulti, e ormai riuscire a mantenerlo è un’impresa titanica, è veramente un qualcosa che crea forte attrito, forte disagio. Quando c’è silenzio nel dojo sembra che ci sia una presenza inquietante che alleggia fra I praticanti?
Rick [00:48:21]:
Perché c’è, sono I praticanti stessi. È quella parte di loro che però non sono più abituati ad ascoltare. Il silenzio è la voce del vuoto, quindi se tu non hai fatto familiarità con quel vuoto nel tempo, quel silenzio ti sembrerà sempre alieno. Tornare ad ascoltarlo, tornare a svuotarsi per dare spazio a quello che arriva da dentro. E’ questo per me, la filosofia lo è, l’arte marziale lo è, la musica. Assurdamente quando uno adotta questo atteggiamento tutto potenzialmente diventa un atto di meditazione. Cucinare per me lo è, quasi persino giocare a Mario Kart ormai lo è, cioè nel senso quando tu adotti questo atteggiamento ogni possibilità, ogni attività diventa una disattività, cioè disattivi quella parte rumorosa di te e ti apri a nuovi sguardi, nuove consapevolezze, quindi è un atteggiamento di cui io parlo spesso anche all’interno dell’Academy e spero che sempre più persone riescano a vederlo. Siamo in una battaglia di retroguardia, assolutamente.
Rick [00:49:34]:
Cioè chi fa questi discorsi, come dicevi all’inizio, è visto come, sì, va beh, discorsi da boomer, da d’antichi, no? In realtà… Ma quando poi,
Eugenio [00:49:46]:
e anche lì sulla meditazione volendo ci potrebbe aprire un, non lo so, trattato addirittura, quando poi comunque va tanto di moda la meditazione, il mindfulness e via dicendo e viene vista soltanto o come quell’esperienza trascendentale che ti apre il terzo occhio e vedi I draghi, oppure quella pratica che ormai devi fare con sta cazzo di app, perché se non la fai con un’app, scusate il francesismo, non esiste, e che però la fai perché ti fa stare bene, perché ti dicono che è da fare, perché ti dicono che allora così 6 equilibrato e via dicendo. Consumi,
Rick [00:50:26]:
ti consumi. Consumi meditazione. Guarda io ho nel libro dell’anno scorso, Critica della ragione demoniaca, ho proprio coniato una parola che è autoconsumo. Cioè noi non consumiamo più qualcosa, noi consumiamo noi stessi nell’uso di qualcosa e la meditazione è un perfetto esempio, cioè oggigiorno un sacco di gente medita con lo scopo di appunto non so rasserenarsi, stare meglio con se stessi, vivere meglio la coppia e via dicendo. Sono tutte cazzate, sono tutte cazzate in cui tu hai un atteggiamento che ti porta in realtà a consumare ulteriormente proprio il tuo vuoto. Non ascoltandolo più lo consumi. E Quel consumo è una delle radici dello smarrimento in cui viviamo oggi, non c’è dubbio.
Eugenio [00:51:22]:
Sì, e tra l’altro poi dopo che hai fatto le tue 20 ore di meditazione devi condividere il report sui social. Ovvio, ovvio. E alla fine ti rendi conto che
Rick [00:51:31]:
l’hai fatto per il like. Si è autoconsumato. Hai sacrificato la tua energia, l’energia del vuoto, sull’altare del like, sull’altare della condivisione, sull’altare del consenso di estranei ed è un giorno infernale quello, un giorno infernale.
Eugenio [00:51:56]:
Ricche io ti sto ammorbando da 50 minuti e in realtà mi ha fatto molto piacere e adesso battute a parte spero di avere altre occasioni di chiacchierare con te perché veramente ci sono tante cose di cui mi piacerebbe parlare ed è sempre molto molto piacevole avere a che fare con te in differita o in diretta. Però prima di farti andare, giro la domanda che fai tu di solito ai tuoi ospiti del daily cogito e quindi ti chiedo 3 libri che secondo te, anzi che sono stati importanti per te dall’ambito formativo e che magari potrebbero essere interessanti anche per chi magari impazzica un po’ in un settore diverso, ma non lontano, non così lontano dal tuo. Quindi parli di libri inerenti agli argomenti che
Rick [00:52:44]:
mi han trattato oggi oppure in generale?
Eugenio [00:52:46]:
In generale, perché in genere secondo me poi va sempre alla mia
Rick [00:52:53]:
preferita. Il mio libro preferito che parla peraltro dei temi che abbiamo trattato anche oggi perché parla del vuoto, parla della coscienza, parla del… È Solaris di Stanislav Lem, romanzo che mi ha salvato la vita. Un giorno chiederò a Sellerio le royalties perché era stato per vendere talmente grande coffee di Solaris.
Eugenio [00:53:13]:
Guarda l’ho finito di leggere la settimana scorsa. Ammetto che non lo compravo perché temevo fosse molto ampio. Ok? Ho detto sarà un mappazzone della Madonna. Allora devo avere un attimo il tempo perché… E invece ragazzi è un libretto. Ok? Cioè è denso perché oggettivamente ci sono state dei pezzi che ho riletto tipo 5 volte. È un libro molto molto denso però
Rick [00:53:40]:
è molto lavoro. È un lavoro del cuore per me Solaris, non ce ne da fare io una volta ogni 2 anni lo rileggo perché mi serve risentire quello che c’è dentro e quindi meraviglioso. Dopodiché sto ancora sulla narrativa e ti dirò Mattatoio numero 5 di Kurt Vonnegut, un altro romanzetto di 180 pagine con una densità di contenuti straordinaria è un capolavoro totale della letteratura di fantascienza del 900 americano peraltro se scoprirete Vonnegut come autore vi migliorerà la vita c’è proprio Vonnegut uno di quegli autori che se riesce a entrarti dentro ti chiapre un mondo di interiorità che veramente una delle sue frasi fondamentali io la ripeto spesso quando siete felici fateci caso che è una frase semplice basilare ma fondamentale quindi ti direi questi e dopodiché visti gli argomenti che abbiamo trattato non posso non consigliare visto anche che l’ho citato il testo di Giorgio Colli su Eraclito, che è Il terzo volume della Sapienza Greca, in cui Colli riporta e commenta ampiamente I frammenti di Eraclito, è un’opera straordinaria che ti apre il mondo non solo di Eraclito ma della filosofia presocratica. Giorgio Colli è stato probabilmente il più grande filosofo italiano del 900, sia dal punto di vista delle interpretazioni di altri filosofi che del suo pensiero. Purtroppo è scomparso troppo presto, però straordinario. Quindi ti citerei questi 3 libri. Quindi segnateli. Domanda, mia curiosità personale.
Rick [00:55:17]:
Hai mai letto la mente senza catene scritti
Eugenio [00:55:20]:
di un maestro zen o un maestro di spada? No. Troveremo il modo di fartelo
Rick [00:55:28]:
leggere. Ok allora, me lo stai nuta. Grazie a
Eugenio [00:55:32]:
te, grazie 1000. Grazie tanto per la disponibilità. Grazie, è stato un piacere. Un giorno o altro è stato un piacere anche a me. Spero di rialerti prima o poi qui. Buon lavoro, buon tutto. Ragazzi andate a seguire Rick su Daily cogito che non ha bisogno di eseguitissimo, però un paio di presupposti secondo me che ragionano, che ascoltano cose e che ragionano non fanno male al nostro mondo. Ciao ragazzi.
Eugenio [00:55:56]:
Ciao, buona giornata.
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